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Alla ricerca di spazi per ritrovare noi stessi: Wim Mertens a Poietika 2019

Sul palco del Savoia la descrizione della contemporaneità, fatta in musica, di un periodo che va dal Secondo Novecento ad oggi. L’artista ha colto quelle condizioni di infelicità e di residua bellezza che sono proprie dell’uomo del nuovo millennio


di Giovanni Petta

CAMPOBASSO. Il titolo del penultimo disco di Wim Mertens era “La generosità della natura”. In quel disco c’erano brani dal titolo “Muschio tu sei”, “Ci scusiamo per il rumore visivo”, “Lotta per il piacere”… E ancora: “Stanziati”, “Uomini laterali”, “Più reale”, “Autostati”…

Difficile non trovare una linea di continuità con quanto ascoltato negli incontri precedenti di “Poieitika 2019”: con la necessità di una definizione di verità proposta da Natoli, con il ritorno a un rapporto di rispetto della Natura e di noi stessi desiderato da Vandana Shiva, con il bisogno di uno sviluppo meno accelerato e più umano portato al festival da Jason Hickel.

Così, nonostante la differenza dei linguaggi, la descrizione della contemporaneità, fatta in musica da Wim Mertens al Teatro Savoia di Campobasso, temporalmente larga, di un periodo che va dal Secondo Novecento ad oggi, ha colto quelle condizioni di infelicità e di residua bellezza che sono proprie dell’uomo del nuovo millennio.

La confusione creata da gesti abitudinari poco motivati e la struggente solitudine di stanze poco illuminate in cui si cerca se stessi; il traffico di città tecnologizzate e gli elementi della natura sempre più incompresi dall’uomo, nella loro essenza e nel loro valore simbolico; la difficoltà di comunicazione e la sostanza meravigliosa di avvicinamenti spesso non risolti… Tutto questo è stato suonato sul palco del Savoia, per un pubblico attento che portava i suoi pensieri e il proprio sentire sui sentieri che il compositore belga tracciava con energia strepitosa e singolare puntualità.

Le iterazioni seriali dei moduli ritmici, frenetici e ossessivi, così cari al pianista fiammingo, trovavano momenti di stasi e di risoluzione nelle melodie larghe, così poco novecentesche ma così tanto desiderate – come fosse ossigeno – dall’umanità contemporanea.

Una modernissima musica da camera e, a volte, volutamente, “musique d’ameublement”, per dirla con Satie, che cercava spazi per melodie profonde e crepuscolari che, a loro volta, avevano necessità di esprimere struggimenti, passioni, emozioni, sensazioni. Il desiderio forte di una spiritualità laica necessaria all’umanizzazione di una società irreversibilmente tecnologizza ma ancora in tempo per ritrovare il senso del proprio esistere. Un “De rerum natura” contemporaneo che ha lo stesso obiettivo di divinizzarci, nella consapevolezza del dove e come siamo, veri e reali.

Mertens è stato accompagnato al violino da Nicolas Dupont, attento e preciso nell’eseguire gli intrecci di rimando alla ritmica strepitosa del pianista. Così, spesso veniva a crearsi una polifonia di quattro linee (mano destra e mano sinistra, violino, inserti vocali dello stesso Mertens) che si allontanavano senza mai abbandonarsi, che si cercavano senza mai volersi: una metafora dei rapporti di interrelazione del nostro tempo?

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