A pochi giorni dall’avvio della tradizionale manifestazione si riaccende la polemica sulla mancanza dei controlli e sui paventati abusi sugli animali
CAMPOBASSO. Una lettera aperta, indirizzata a tutti i componenti del Consiglio regionale e al presidente Donato Toma, nella quale il Comitato no Carresi’ pretende l’interruzione della corsa dei carri trascinati dai buoi, manifestazione che a breve interesserà diversi comuni del Basso Molise come San Martino in Pensilis, Ururi e Larino.
“Anche noi – scrivono dal comitato- intendiamo contribuire a far conoscere le Carresi in Italia e nel mondo. Grazie a un articolo di Vincenzo Mammarella pubblicato su “La Fonte” del Maggio 2007 scopriamo che della Carrese di San Martino in Pensilis se ne è parlato persino nella grande inchiesta agraria Iacini del 1877-1885 “Vi sono delle feste, ove si impiegano i bovi per la corsa: a S. Martino vi è questa barbara usanza ed ogni anno si fanno correre questi pacifici animali attaccati ad un carro per un tratto di sei o sette chilometri con immenso danno di medesimi e con grande perdita di tempo, poiché circa un mese avanti la festa che ricorre al due di maggio si cominciano ad addestrare alla corsa questi poveri animali. A Larino […] al 26 di maggio si fa pure una festa chiassosa con i buoi, ma questi s’impiegano solo al tiro dei carri addobbati con gran pompa […]” Così scriveva il funzionario fiscale Vittorio Romanelli, autore di una importante monografia sul basso Molise nell’ambito di detta inchiesta.
Nel 2004 – continua la nota indirizzata alla Regione- una sentenza di Cassazione descrisse molto bene quello che accadeva: utilizzo di violenti sistemi di stimolazione e dissimulazione degli stessi nel carro, per non parlare delle parole del Procuratore generale del 2015, a seguito di una denuncia ENPA: I bovini sono stati anche costretti a ‘fatiche ad essi non connaturali ed insopportabili, consistite nella corsa su strada asfaltata trainando carri con a bordo persone, durante la quale sono stati sottoposti, al solo scopo di aumentarne la velocità, a violenti e ripetuti colpi inferti con l’uso di bastoni o verghe con punta acuminata, tanto da generare in loro un forte stress, sofferenze, lesioni e sanguinamenti’.
Per sostenere queste manifestazioni sono stati stanziati 378.000 euro più i costi per resistere all’impugnativa del governo, quando la regione deve affrontare un disavanzo milionario nella sanità e – come nel caso di Ururi – non si riesce neanche a garantire una rete idrica funzionale. Tradizione etnoculturale da valorizzare o barbara usanza per cui si sprecano soldi pubblici? Lo deciderà l’opinione pubblica nazionale e internazionale”.
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