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Comunali, Coralbo al cuore del problema: Campobasso a rischio spopolamento, ecco la mia idea per renderla attrattiva

SPAZIO ELETTORALE/ Il giovane ingegnere, candidato con Forza Italia, racconta la sua idea per restituire vitalità al capoluogo che oggi fa i conti con una desolante emorragia di residenti. La soluzione? Restituirle la propria identità, caratterizzandola per il suo ‘marchio’ storico: la pasta. Nel mirino di Colabo le ‘storture’ della politica: amministrare non può più essere lo sport preferito dai dipendenti pubblici che così non vanno a lavorare


CAMPOBASSO. Terza candidatura al Comune capoluogo per Michele Coralbo, giovane ingegnere nel quale, è evidente, è ‘scoppiettante’ il sacro fuoco della politica.

Trentanove anni appena ma già imprenditore strutturato e quindi impegnato con le proprie attività, è passato dall’esperienza civica ad  un partito come Forza Italia per portare, nel Consiglio comunale che verrà, una forte propensione alla soluzione dei problemi.

Quale è il primo, quello più rilevante da risolvere?

“Ogni anno Campobasso perde 1000 abitanti, oggi siamo ad una popolazione complessiva che sfiora le 48mila unità. Un dato che deve necessariamente aprire delle riflessioni conseguenti perché da questa problematica evidente, si dipanano poi le criticità di cui soffre questa città” spiega con pacatezza. La sua risposta, del resto, è in netta controtendenza rispetto alle consuete emergenze sulle quali punta la maggior parte dei candidati in corsa.

Gli abitanti di Campobasso sono per lo più studenti e pensionati; con questo andamento è difficile catalizzare l’attenzione rispetto ad investimenti produttivi, rilancio delle attività, crescita dell’Università. L’attrazione è in grosso calo, questo è il primo trend che, a mio avviso, dovrà essere invertito”.

Come riuscire in una impresa che appare, come è evidente, titanica? Quale la soluzione che propone Michele Coralbo?

“Io una idea ce l’ho, ne parlo da tempo con i miei colleghi di lavoro, i soci della mia azienda, gli amici che hanno più o meno la mia età. Ritengo che occorra restituire una identità a Campobasso, così come accade in altre cittadine che hanno puntato su quello che è il loro punto di forza. Noi lo abbiamo, dobbiamo lavorarci. Immagino Campobasso ‘città della pasta’. Ti spiego: abbiamo una tradizione importante, un prodotto ottimo che viene realizzato con l’acqua più buona che c’è e con la nostra aria pulita. Intorno a questo patrimonio inestimabile si può creare un vero e proprio ‘distretto’ che potrebbe comprendere il pomodoro di di Montagano, la cipolla di Isernia, i nostri vini e tutti i prodotti d’eccellenza. E combinare inoltre questa tradizione ,che diventa davvero un marchio unico, con il nostro territorio incontaminato: i tratturi, le montagne, i beni culturali, le nostre ricchezze di cui persino i campobassani sanno poco. Sai perché ci chiamavano la città giardino? Perché qui i Borboni sperimentarono la barbabietola da zucchero. Ecco, riscoprire la nostra identità e crearne un marchio unico è il modo, difficile certo, per ridare slancio all’economia che vivrebbe di nuovi stimoli e, di lì a cascata, arriva la crescita in ogni settore”.

Cosa non è stato fatto in questi 5 anni che invece avrebbe potuto diventare il traino per portare fuori Campobasso dal rischio spopolamento che, dai numeri che hai citato, è evidente?

“Sono mancate le scelte strategiche, ad esempio di collaborazione ed intese con l’Università. Anche l’ateneo, con la facoltà di Agricoltura ad esempio, potrebbe essere un altro tassello di quel progetto di ricerca dell’identità cittadina. Campobasso deve diventare concorrenziale, deve offrire quello che altre città non hanno e può contare su una qualità della vita che, paradossalmente, proprio per il suo ‘isolamento’ è elevata in termini di costi e di sicurezza”.

L’esperienza di questa consiliatura, da imprenditore e quindi da professionista impegnato che trova il tempo di dedicarsi anche alla propria città, come la racconterebbe?

“Intanto ci sono troppe storture, alle quali deve essere posto rimedio subito. Parlare ore e ore del palo della luce che non funziona o delle luminarie natalizie mentre sono argomenti e problemi che possono essere risolti in maniera più immediata, significa non concentrarsi sulla visione, sulla strategia, su quello che è il puzzle da comporre per crescere. Il 60% delle indennità dei consiglieri, poi, deriva dalla presenza in Commissione. Un ‘luogo’ importante sotto il profilo delle competenze ma spesso infruttuoso, dai tempi dilatati. Ma è questo il meccanismo voluto dal Movimento 5 Stelle e che consente ai numerosi dipendenti pubblici, siano essi impiegati all’Agenzia dell’Entrate o al Catasto, nell’Esercito o nella Guardia di Finanza, di non recarsi al lavoro e di guadagnare comunque. Io non partecipo più, ho rifiutato l’indennità perché non ritengo le Commissioni un luogo produttivo.   Bisogna portare quello che sai fare, le competenze che hai acquisito, all’interno della macchina amministrativa, a mio avviso. L’amministrazione di una città non può essere lo sport dei dipendenti pubblici”.

Da una esperienza civica importante ad un partito strutturato come Forza Italia, cosa è cambiato nel suo modo di intendere la politica?

“Credo che oggi sia necessario tornare alla ‘palestra’ che i partiti consentono di poter fare: crescere all’interno di un gruppo strutturato, imparare, fare i passi giusti e legati alla propria preparazione e all’esperienza. Non ci si può improvvisare amministratori perché poi gli effetti ricadono sull’intera comunità. Questo percorso ho cominciato a farlo qualche anno fa, assieme a Nicola Cavaliere (assessore regionale di Forza Italia, ndr): la sua necessità, allora, era quella di creare una squadra di persone preparate, con delle professionalità specifiche, in grado di elaborare e sviluppare idee, con una visione più ampia su quello che accade anche fuori dal contesto cittadino e regionale. Di conseguenza, queste ‘caratteristiche’ poi qualificano l’azione politica e di conseguenza le decisioni da proporre e da prendere. Non è presunzione ma credo che il tempo dei ‘politicanti’ sia davvero scaduto. Competenze e professionalità, all’interno di partiti strutturati, possono fare davvero la differenza in termini di idee, proposte e soluzioni”.

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