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Il ‘mea culpa’ di Patrizia Manzo: punto nascita, la politica sapeva ma non ha fatto nulla

Il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle si sottrae allo sport del giorno, lo scaricabarile, e s’interroga sulla tempistica del decreto di chiusura, sul fatto che non ci siano ancora accordi con le strutture sanitarie extraregionali, sulle azioni che non sono state messe in cantiere pur sapendo, da anni, che quel presidio non godeva degli indispensabili standard. “E fino ad oggi, quante nascite in deficit di sicurezza?” si chiede


di Lucia Sammartino

CAMPOBASSO. Dove è stata la politica fino ad oggi, si chiede Patrizia Manzo. Naturalmente l’argomento del contendere è quello che da due giorni infiamma la sonnolenta provincia molisana. Quello che di fatto, con una firma che improvvisamente si concretizza dopo anni di ‘rischio’ e di pericolo incombente, riguarda una identità che dal primo luglio non sarà più tale.

Il luogo di nascita, per centinaia di bambini, non sarà mai più Termoli. La riflessione del consigliere regionale del Movimento 5 Stelle è a metà strada tra un doloroso mea culpa e un violento j’accuse.

Patrizia Manzo però si sottrae allo scaricabarile che in questi due giorni è il leit motiv di ogni intervento e, fra le righe, consegna anche al lettore la sensazione che, all’interno del Movimento 5 Stelle alla Regione, ci siano nuovi equilibri, distinguo e qualche sfilacciamento.

“In 6 lunghi anni – spiega – ho imparato che il tecnico parla da tecnico ma il politico deve indirizzare, programmare, occuparsi della cosa pubblica anche facendo sintesi tra diversi indirizzi politici e confrontarsi coi cittadini. Tutto ciò purtroppo non è accaduto per il punto di nascita di Termoli, ovvero il tecnico è stato fin troppo bravo ma la politica dov’era?

Nel verbale del tavolo tecnico dell’aprile 2019, che io ho ottenuto circa due settimane fa, si legge che per il punto nascita di Termoli se ne sarebbe discusso nel nuovo programma operativo 2019/2021. Ma si evidenzia anche che nella riunione del 20 novembre 2018, Tavolo e Comitato Percorso Nascita nazionale avevano rappresentato che in relazione alla richiesta di parere di deroga alla chiusura del punto nascita di Isernia, il Comitato nella riunione del 9 ottobre formulò parere favorevole, prescrivendo la chiusura del punto nascita di Termoli.

Le criticità segnalate dal ministero, sono il frutto della disorganizzazione e cattiva gestione del sistema operativo. Non sono nate oggi ma sicuramente erano già state individuate negli anni scorsi. Perché non si sono voluti programmare interventi al fine di risolvere le criticità emerse oggi ma già a conoscenza ad ottobre 2018 se non prima?

Quanti sapevano del rischio chiusura e non sono intervenuti per provare a dimostrare che quel trend si poteva invertire in una struttura situata nell’unico comune molisano che mostra una popolazione tendenzialmente in crescita, in un territorio dove ci sono circa 700 nascite ma solo la metà registrata nel punto nascita di Termoli? Dove andiamo noi donne a partorire? A Vasto? A San Giovanni? Dove sono i contratti di confine? Perché ginecologi conosciuti e apprezzati in Basso Molise operano su Vasto?”

Tessere di un puzzle al quale sembra mancare qualche tassello.

Primo: la sicurezza, che è la parola chiave di questa vicenda. Mancata per chi si rivolge (e si è rivolto fino ad oggi?)  al punto nascita del San Timoteo ma ugualmente assente per chi vive nei piccoli centri del basso Molise e deve spostarsi in macchina per raggiungere l’ospedale. Strade che non sono degne di questo nome, difficoltà oggettive a percorrere i chilometri che separano dagli ospedali in condizioni di sicurezza, carenti da anni nel Punto Nascita del San Timoteo ma che di colpo sono diventate emergenza in un giorno di fine giugno. Guarda caso due settimane dopo la fine della campagna elettorale.

Da lunedì, per partorire da Montemitro o Palata, da Acquaviva Collecroce o Portocannone, si dovrà decidere se preferire Vasto a San Giovanni Rotondo, Isernia a Campobasso. Certo, decisioni già assunte in piena consapevolezza da tempo visto che solo 353 bambini (su oltre 600) sono nati al San Timoteo nel 2018. Quindi, oltre 200 mamme avevano già scelto un altro luogo, un altro ospedale.

“Quante nascite con questo deficit di condizioni di sicurezza”, si chiede Patrizia Manzo. “I quesiti sono tanti, la rabbia è tanta! Tra i colpevoli mi ci metto anche io,  ma chi sapeva ha taciuto.

Una riorganizzazione ospedaliera non può cadere sulle teste dei cittadini senza un percorso condiviso, ragionato, contestualizzato e senza una preventiva informazione, senza un percorso maturo che faccia comprendere a noi tutti che esiste un diritto all’assistenza sanitaria ma che quel diritto dev’essere garantito da cure appropriate e che mettano al primo posto la sicurezza del cittadino e la qualità dell’assistenza”.

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redazione

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