HomeMEDIA E TECNOLOGIAGli adultescenti digitali: posto, dunque sono

Gli adultescenti digitali: posto, dunque sono

L’analisi di questo nuovo fenomeno sociale nell’era digitale, a cura degli esperti di I-Forensics Team


MEDIA&TECNOLOGIA. Il termine ‘adultescenza’ è un neologismo applicato a tutti coloro che, pur avendo raggiunto biologicamente l’età adulta, presentano un’identità con tratti adolescenziali.

Il termine cominciò a circolare negli Stati Uniti già negli anni Ottanta, quando si diffondevano i primi articoli scientifici sulla cosiddetta ‘sindrome di Peter Pan’. La fascia interessa giovani tra 30 e 40 anni e riguarda gli adulti eterni indecisi, dalla scarsa autostima e timorosi del giudizio altrui, che rincorrono il successo e la carriera a tutti i costi.

Secondo il sociologo e filosofo Zygmunt Bauman, “Consumo, dunque sono”, la capacità degli individui di acquistare beni materiali decreta la capacità di essere o non essere riconosciuti come individui all’interno della società. Nell’era dell’apparire e della virtualizzazione delle relazioni umane, ampio spazio è dedicato all’universo digitale, contesto in cui la rincorsa dell’adulto sull’adolescente tecnologicamente dotato si fa più evidente, nutrendosi delle stesse dinamiche fluide e narcisistiche. Adulti catturati dalla ragnatela mondiale che, proprio come i ragazzi, aggiornano il profilo sui social network, rincorrendo vecchie amicizie e nuovi amori, in un gioco che annulla il confine tra pubblico e privato. Padri che smanettano in continuazione sugli schermi touch dei loro smartphone e tablet, facendo il verso ai figli. Madri sedentarie o ipercompetitive impegnate in estenuanti sedute di fitness domestico, dinanzi a console e schermi digitali, alla ricerca della forma perduta.

A differenza degli adulti, che spesso non hanno alcun tipo di filtro in pubblico, i ragazzi (nativi digitali) sono più consapevoli del target a cui si rivolgono, e hanno capito che la libera espressione ha più senso se rivolta a persone che condividono gli stessi interessi, Ecco perché gli under 25 preferiscono usare altre forme di condivisione, più effimere ma più mirate e contestualizzate (es. messaggistica privata, comunicazione in piccoli gruppi etc.) a differenza di Facebook.

L’adolescenza, insomma, non è più solo una fase della vita, misurabile con strumenti cronologici, ma è una mentalità, è oggi anche un fiorente businnes, un modo di atteggiarsi, uno stile di abbigliamento, un miscuglio di interessi e di aspettative, che va oltre la giovinezza. E mentre l’età adulta si trasforma in una fase virtuale, una meta puramente teorica, la maturità si allontana a tempo indeterminato.

In passato esistevano rituali e compiti evolutivi chiari che scandivano il passaggio del tempo. La scolarizzazione, l’adolescenza, il riconoscimento delle proprie attitudini e quindi il lavoro, poi il matrimonio, la formazione di una nuova famiglia erano tutte tappe che segnavano i cambiamenti dell’individuo. A un certo punto i genitori concludevano il circolo fertile, e i figli si sentivano autorizzati a entrare nel mondo adulto. Oggi tutto questo è saltato: la famiglia tradizionale è sempre meno comune, i figli sono pochi, e gli spazi degli uni e degli altri coincidono: mentre prima la vita dei figli e dei genitori era anche fisicamente separata, oggi la condivisione è così ampia da rendere le distinzioni molto sfumate: parliamo liberamente, li coinvolgiamo nei nostri problemi. Sui social tutti insieme.

E allora come prendersela con un adolescente che non ha voglia di crescere quando noi tutti stiamo facendo vivere questi giovani su quell’’isola che non c’è’ che è un territorio virtuale e di fantasia? Come accusarli di scarso impegno e immaturità se noi grandi per primi ci sentiamo a nostro agio a rimanere nella terra dell’adultescenza?

I-Forensics Team

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