HomeNotizieCRONACAMafia: indagata l'onorevole Occhionero per falso in concorso

Mafia: indagata l’onorevole Occhionero per falso in concorso

La parlamentare molisana è stata iscritta nel registro degli indagati dalla Dda di Palermo


CAMPOBASSO. Dovrà rispondere di falso in concorso la deputata di Italia Viva Giuseppina Occhionero. Secondo l’accusa la parlamentare molisana fece passare Antonello Nicosia, finito poi in manette, come suo assistente. Tale atteggiamento avrebbe permesso al Nicosia, accusato per affiliazione mafiosa, di entrare nelle carceri e dialogare senza controlli con i detenuti. Come riferito dall’agenzia Agi, lo scorso 5 novembre Giuseppina Occhionero era stata sentita dai pm, a Palermo, come persona informata sui fatti. E ai magistrati – l’aggiunto Paolo Guido e i sostituti Francesca Dessì e Calogero Ferrara – aveva confessato di “avere sbagliato” a fidarsi. Rivelando anche di avere stipulato un contratto da gennaio 2019 col compenso di 50 euro al mese in favore di Nicosia e poi risolto. Dai riscontri investigativi, tuttavia, emerge – e da qui il reato contestato – che a dicembre 2018, in assenza di alcun accordo contrattuale, Occhionero avrebbe attestato in favore di Nicosia lo status di suo collaboratore al momento di accedere in alcuni istituti penitenziari come il Pagliarelli a Palermo e poi anche ad Agrigento e a Trapani. Alla deputata è stato notificato l’avviso di garanzia e contestuale invito a comparire. La prossima settimana dovrà tornare dai pm di Palermo, questa volta da indagata.

Ai magistrati che le chiedevano come avesse potuto assumere come collaboratore un uomo che aveva avuto una condanna a 10 anni per traffico di droga, Occhionero aveva risposto: “Alla Camera non c’è alcun controllo, perché avrei dovuto fare controlli io?”. L’ex collaboratore, oltre a progettare estorsioni e omicidi col capomafia di Sciacca Accursio Dimino, approfittava del suo ruolo per entrare nelle carceri di massima sicurezza e incontrare boss mafiosi detenuti, veicolando all’esterno informazioni sugli istituti di pena, interessandosi a vicende personali di capimafia come Filippo Guttadauro, cognato del boss Matteo Messina Denaro, e informandosi su eventuali intenzioni dei mafiosi di collaborare con la giustizia. A lui viene contestato il concorso in falso aggravato.

 

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