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Dallo scandalo del Vaticano alla crisi della Banca Popolari di Bari: spunta ancora il nome del molisano Torzi

L’imprenditore di Larino, già socio di Frattura nell’affaire della villa al mare e tra i protagonisti dell’ultimo terremoto finanziario scoppiato nella Santa Sede, voleva sottoscrivere un’obbligazione da 30 milioni di euro con una società di consulenza maltese avente un capitale sociale di poco più di mille euro


CAMPOBASSO. Banca popolare di Bari, il nome del molisano Gianluigi Torzi finisce nelle carte della Procura di Bari, che ha indagato l’amministratore delegato Vincenzo De Bustis. Una vicenda giudiziaria che corre parallela a quella finanziaria e politica, con il Governo Conte che cerca di superare le divisioni interne puntando a salvare gli azionisti e gli obbligazionisti della Popolare pugliese.

Secondo quanto ricostruisce Repubblica, la procura pugliese, su segnalazione della Banca d’Italia sta indagando su un’operazione risalente tra il dicembre 2018 e il marzo 2019, in cui De Bustis porta in Cda un’operazione per mettere in sicurezza i ratios patrimoniali. Operazione che ha per oggetto l’emissione obbligazionaria da 30 milioni di euro attraverso strumenti del genere Additional Tier 1 per rafforzare il capitale e che una società maltese, la Muse Ventures Ltd, fa sapere di voler sottoscrivere interamente. Quindi i controlli di vigilanza di Bankitalia e le indagini dei magistrati di Bari, in particolare sulla società Muse,
che si rivela una semplice società di consulenza, nata ad ottobre del 2017 e con un capitale sociale di appena 1.200 euro. Un po’ poco per sottoscrivere un’intera obbligazione da 30 milioni e infatti Bnp Paribas, la banca incaricata di curare l’operazione, avanza alcune perplessità sull’entità del sottoscrittore maltese, facendo sapere che ci sono problemi di trasparenza. Tanto che l’ufficio interno della banca pugliese parla di “sproporzione tra i mezzi propri del sottoscrittore e l’importo della sottoscrizione dei titoli Atl”.

Perplessità rispedite al mittente dallo stesso De Bustis che in Cda si dimostra risoluto e dice che il rafforzamento è portato a compimento. Tanto che con i 30 milioni in cassa sottoscrive quote di un fondo lussemburghese, Naxos Sia Capital Plus, per un ammontare di 51 milioni di euro, che afferma di non sapere nulla dell’operazione maltese.

Ad amministrare Muse il finanziere Gianluigi Torzi che, come evidenzia Repubblica, insieme al padre Enrico è nelle liste “nere” antiriciclaggio del sistema bancario e al centro di alcune inchieste giudiziarie. Egli non versa il denaro promesso e De Bustis non fa seguire la sottoscrizione delle quote per 51 milioni del fondo Naxos. Dagli stessi uffici della banca barese parte la segnalazione alla vigilanza di via Nazionale sull’identità degli amministratori di Muse e così inizia la slavina per De Bustis.

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