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Tutti parlano di coronavirus mentre il clima impazzisce: superati i 20 gradi in Antartide

L’attenzione mediatica polarizzata sull’emergenza sanitaria distoglie da problematiche ben più gravi ed urgenti, ma percepite come meno ‘reali’: in questi giorni lo scioglimento dei ghiacci ha provocato il distacco di un iceberg grande quanto Malta. E New York rischia di finire sott’acqua


Caldo temperato in Antartide. Neve a Bagdad. Primavera fin troppo anticipata in Italia. E al Polo Sud è stato registrato, il 9 febbraio, un primato assoluto di 20,75 gradi alle ore 13 locali, alla base argentina Marambio sull’isola Seymour. Il dato arriva dopo un’altra misurazione, spietata nella ‘freddezza’ del numero, registrata il 6 febbraio sulla base Esperanza, nella Penisola Antartica: 18,3 gradi, record per il corpo del continente antartico. Il precedente primato era 17,5 gradi e risale a cinque anni fa. Va detto, a onor di cronaca, che i dati devono ancora essere validati dall’Organizzazione metereologica mondiale – ma il problema resta: il clima sul pianeta sta impazzendo. E quasi nessuno sembra coglierne l’urgenza.

Nell’emisfero australe questi sono mesi estivi, ma al Polo Sud si sta registrando la stagione più calda della storia. Con gravissime conseguenze. Come riporta Il Corriere della Sera, pochi giorni fa si è staccato un altro grosso iceberg di oltre 310 chilometri quadrati dal ghiacciaio di Pine Island, uno dei due insieme a quello di Thwaites tenuto sotto controllo dagli scienziati per l’accelerazione della fase di scioglimento, che potrebbe provocare l’innalzamento dei mari di diversi metri. Il caldo record in Antartide e il conseguente scioglimento dei ghiacci aumenta il rischio di innalzamento del livello del mare: secondo un confronto di numerosi modelli elaborati da scienziati e computer di tutto il mondo, già entro la fine di questo secolo il livello globale del mare potrebbe aumentare fino a tre volte rispetto al secolo scorso: 58 centimetri in più. Il ‘Fattore Antartide’, così il nome dello studio, diventerà “il più grande rischio e la più grande incertezza per il livello del mare in tutto il mondo” Alla luce di queste elaborazioni, secondo Anders Levermann – uno degli autori della ricerca – “occorre una più appropriata pianificazione della protezione costiera. Nel lungo periodo, la calotta glaciale antartica può far innalzare il livello del mare di decine di metri se non si ferma la combustione di carbone, petrolio e gas. Aumenteranno i rischi per le metropoli come New York, Mumbai, Amburgo, Shanghai”.

Non va meglio nel resto del mondo. A gennaio, in Norvegia, a Sunndalsøra, si sono raggiunti i 19 gradi superando il record norvegese del mese che era di 17,9 gradi. Gli scienziati ritengono che l’inverno, in Norvegia, si stia accorciando di 14-30 giorni. A metà gennaio è nevicato sui Monti Madian, in Arabia Saudita, e martedì Bagdad si è svegliata – per la seconda volta in 112 anni, dopo una prima nel 2008 – sotto la neve. Il mese di gennaio appena trascorso è stato quello più caldo mai registrato in Europa con temperature superiori, in media, di 3,1 gradi alla media di riferimento, con punte di 6 gradi. Perfino il famigerato ‘inverno russo’ sembra non esserci mai stato.

I segnali sono chiari ed evidenti. Continuare a parlare di coronavirus quando l’Oms e i governi locali stanno gestendo al meglio la questione, e ignorare le vere emergenze per questa e per la successiva generazione, non è solo miope: è contrario a qualsiasi dettame evolutivo per l’umanità come specie. E sarebbe decisamente ora di rendersene conto.

Pietro Ranieri

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