L’esponente dem ravvisa difformità tra il provvedimento del commissario ad acta e le prescrizioni impartite dal Governo
CAMPOBASSO. Già finito alla ribalta delle cronache locali su denuncia dell’avvocato Massimo Romano, il decreto numero 26 dell’8 aprile scorso del commissario ad acta per la sanità Angelo Giustini, che regola i rapporti con i privati accreditati per l’emergenza Covid e che prevede la corresponsione del 95% del budget alle strutture accreditate, finisce all’attenzione dell’esponente del Pd e presidente di Partecipazione Democratica Stefano Buono il quale esorta il commissario stesso a rettificare il provvedimento.
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“Sembrerebbe – afferma Buono – che la remunerazione verrà riconosciuta in modo forfettario e svincolato dalla quantità e dalla qualità delle prestazioni effettivamente rogate”.
“In realtà – spiega l’esponente dem – il decreto legge 23 dell’8 aprile 2020, che rappresenta la cornice giuridica entro la quale le Regioni devono muoversi, stabilisce che ‘nella vigenza dell’Accordo rinegoziato, gli enti del servizio sanitario nazionale corrispondono agli erogatori privati, a titolo di acconto e salvo conguaglio a seguito di apposita rendicontazione delle attività da parte degli erogatori privati, un corrispettivo, su base mensile, per le prestazioni rese nel limite del 70 % dei dodicesimi corrisposti o comunque dovuti per l’anno 2020’.
Appare del tutto evidente – prosegue Buono – la difformità del DCA della struttura commissariale rispetto a quanto prescritto nell’ultimo Decreto Legge. Difformità, nel merito, palese per due fondamentali questioni: la soglia massima consentita per il pagamento alle strutture del privato accreditato è pari al 70 % e non al 95 %; la remunerazione avviene a titolo di acconto e salvo conguaglio a seguito di rendicontazione e non in modo forfettario”.
Pertanto, pur ritenendo che “due strutture d’eccellenza private-accreditate, Neuromed e Gemelli, possano e debbano coesistere e integrare la rete ospedaliera molisana pubblica che va assolutamente ripotenziata”, invita il Commissario a tornare sui suoi passi e a “rettificare – come su anticipato – quanto erroneamente prescritto nel discusso decreto”.
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