L’Unione Sindacale nazionale Imprenditori e Coltivatori, con l’obiettivo di fornire dati più ‘affidabili’ rispetto alle vittime della pandemia, ha prodotto uno studio a partire sui raffronti in termini di morti tra il 2020 e gli anni precedenti
L’Unione Sindacale nazionale Imprenditori e Coltivatori – Unsic approfondisce, con un proprio studio, la questione relativa al numero delle vittime italiane della pandemia da Covid-19 che, come ormai noto, sarebbero molte di più rispetto ai dati in possesso della Protezione Civile, ritenuti sottostimati. Mancherebbero, nei conteggi, – evidenzia l’Unsic – soprattutto persone decedute nelle case di riposo o nella propria abitazione, a cui non è mai stato fatto il tampone.
Si fa avanti così l’ipotesi di 57mila decessi. Per ricalcolare la cifra, con maggiori indici di affidabilità, anche se naturalmente non di assoluta certezza, l’Unione ha fatto ricorso per lo più alla differenza tra il numero dei decessi medi avvenuti negli ultimi anni e quelli totali, nello stesso periodo, di quest’anno. Da tale risultato si sottrae il numero delle morti classificate “per” e “con” Covid-19. Il resto va “indagato”. In Molise – si evince – sono scarsi gli scostamenti del numero di morti tra il 2020 e gli anni precedenti.
O meglio: “Sono tre gli incrementi di decessi di rilievo, tra il 2019 e il 2020 – scrive l’Unsic – I comuni molisani coinvolti sono Agnone (da 8 a 14), Campomarino (da 2 a 7) e Trivento (da 3 a 8). Stabili i dati di San Martino in Pensilis (quota 9) e Ururi (4). Il dato di Campobasso e Isernia, invece, è più basso di quello dello scorso anno.
Ma ecco i dettagli della ricerca:
LE VARIABILI – Per quanto riguarda la media degli anni precedenti, due variabili sono costituite dal numero dei residenti (di solito decrescente) e dall’invecchiamento della popolazione (con decessi crescenti); nel raffronto con il 2020, che include febbraio, va considerato il giorno in più dell’anno bisestile; il dato quotidiano dei decessi Covid-19 spesso è falsato dai ritardi di comunicazione e registrazione, superiori alle 24 ore, come confermano le stesse Regioni, per cui va contestualizzato per settimana. Esistono, poi, le cosiddette “morti indirette”, generate dal caos pandemia che inficia le cure a pazienti con altre patologie. Infine bisogna tener conto che un “decesso Covid”, che coinvolge per lo più persone molto anziane e/o con altre patologie, non è per forza “una morte in più” nel conteggio annuale in quanto potrebbe trattarsi di una scomparsa che avviene soltanto qualche mese prima, per cui una parte dell’aumento dei decessi a fine anno si riequilibra. Infine va tenuto presente che la “quarantena” ha variato – seppur di pochissimo – le percentuali delle cause di morte, riducendo ad esempio gli incidenti stradali o sul lavoro e aumentando quelli domestici.
Tenendo in considerazione tutti questi criteri e utilizzando diverse fonti, l’Ufficio comunicazione dell’Unsic ha tentato di raggiungere il dato più vicino possibile a quello reale.
LE FONTI – La prima fonte utilizzata è l’Istat. Tre i testi: un report sui decessi per qualunque causa dal 1° gennaio al 21 marzo 2020 in 1.084 comuni; un secondo report sui decessi per qualunque causa dal 1° marzo al 4 aprile 2020 in 1.689 comuni (parte dei 5.909 che compongono l’anagrafe nazionale della popolazione residente), scelti dall’istituto di statistica tra quelli con almeno dieci decessi e un aumento dei morti superiore al 20% rispetto alla corrispondente media del quinquennio 2015-2019. Il terzo documento, “Scenari sugli effetti demografici di Covid-19”, attesta che il totale dei decessi tra il 1° marzo e il 4 aprile nei 5.069 Comuni è stato, nel complesso, superiore del 41% rispetto a quanto osservato per l’analogo periodo del 2019. Scaturiscono ipotesi da un minimo di 34mila ad un massimo di 123mila morti in più nel 2020, con discesa dell’aspettativa di vita alla nascita da 0,42 a 1,4 anni nelle condizioni del modello più sfavorevole.
Altro riferimento è il Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera, gestito dal Dipartimento di Epidemiologia dalla Asl Roma 1 su incarico del ministero della Salute. Il rapporto epidemiologico include i dati di 19 città. L’ultimo report, il quinto, aggiornato al 18 aprile, parla di un incremento del 76% della mortalità totale per le città del nord, del 10% per quelle del centro-sud. Per singole città, domina Brescia (197%, la settimana precedente era al 215%), quindi Aosta (153%, era al 142%), Milano (103%, era al 96%), Genova (84%, era all’81%), Bolzano (62%, era al 58%), Torino (57%, era al 55%), Trento (50%, era al 51%), Bari (42%, era al 43%), Civitavecchia (31%, era al 41%), Bologna (47%, era al 40%), Potenza (28%, era al 35%), Verona (40%, era al 33%), Messina (20%, era al 22%), Venezia (14%, era al 16%) e Roma (7%, era al 6%).
Altre fonti: le ricerche o le rielaborazioni di Centro studi Nebo, Infodata del Sole 24 Ore, InTwig, Istituto Cattaneo, La Voce, Scienzainrete e YouTrend.