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Scandalo in Vaticano: il ‘ricatto’ di Torzi davanti al Papa. Ma il broker si difende: “E’ un malinteso”

Secondo le indagini, incentrate sulla compravendita di un immobile di lusso a Londra, l’intermediario molisano avrebbe perpetrato le sue richieste estorsive dinanzi al Pontefice. Ma i suoi legali sostengono: “Non ha mai agito contro gli interessi della Santa Sede”


CITTÀ DEL VATICANO. Emergono nuovi dettagli sulla vicenda dell’arresto del broker molisano Gianluigi Torzi con le accuse di peculato, truffa, estorsione e autoriciclaggio nell’ambito delle indagini dell’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi sulla compravendita di un immobile per 200 milioni di euro a Londra da parte della Santa Sede.

Il ricatto di Torzi al Vaticano – riferisce l’Andkronos – si sarebbe consumato finanche davanti al Papa. Ma, attraverso i suoi legali, l’uomo rigetta gli addebiti e parla di “malinteso”.

L’imprenditore – riferisce l’agenzia – incontrò il Papa il 26 dicembre 2018 nella Domus di Santa Marta. “Nella stessa occasione ci sarebbe stata una riunione, che aveva al centro la trattativa in corso con la Segreteria di Stato Vaticana per convincere il broker a cedere le mille azioni (le uniche con diritto di voto) della Gutt Sa con la quale aveva rilevato da Raffaele Mincione (per conto del Vaticano) le quote della società che deteneva l’immobile di Londra. All’incontro avrebbero partecipato, a quanto emerge dalle indagini, monsignor Edgar Pena Parra, Sostituto della segreteria di Stato Vaticana, Giuseppe Maria Milanese, che agiva nell’interesse della Segreteria, l’avvocato Manuele Intendente e Renato Giovannini, rettore vicario Università ‘Guglielmo Marconi’, mentre anche il Papa avrebbe fatto una rapida comparsa”.

Stando alle dichiarazioni rese da uno dei testimoni agli inquirenti vaticani, “Torzi, in quella circostanza, – prosegue l’Adn – si sarebbe detto disponibile a rinunciare alle mille azioni che di fatto gli consentivano la piena disponibilità dell’immobile di Londra previo risarcimento delle spese e con un piccolo margine di guadagno, costi che in un successivo incontro sarebbero stati quantificati in 3 milioni di euro. Tuttavia, nonostante l’accordo preso davanti al Papa, non avrebbe restituito le azioni residue della Gutt Sa”.

Impegno disatteso verosimilmente a causa del coinvolgimento nell’operazione di altre persone. Non solo. A quanto pare “Enrico Crasso, gestore delle finanze della Segreteria di Stato attraverso Sogenel Capital Holding, e Fabrizio Tirabassi, responsabile dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, qualche giorno prima in un incontro a Milano avevano offerto all’imprenditore 9 milioni di euro per riprendersi le azioni”.

Dunque, a un certo punto, Torzi alza la posta. E – ricostruiscono gli investigatori – “arriva a ipotizzare la somma di 24 milioni e perfino di 30 milioni per restituire l’immobile di Londra alla Santa Sede, tanto che Giovannini, interrogato dagli inquirenti vaticani, non avrebbe potuto negare che le richieste di Torzi avessero i toni di un ricatto”.

Ed ecco che, “nel corso di un incontro con il Sostituto della Segreteria Vaticana – conclude l’AdnKronos – Tirabassi e monsignor Alberto Perlasca, responsabile dell’ufficio amministrativo della Segreteria, avrebbero proposto di prelevare i 20 milioni necessari a chiudere la transazione con Torzi dal cosiddetto Fondo discrezionale, un fondo creato nel 2015 per le spese discrezionali del Papa e dallo stesso autorizzate. Operazione che finì nel nulla, grazie alla mediazione di monsignor Carlino che convinse Torzi ad accettare 15 milioni anziché 20, al pagamento dei quali, secondo la procura vaticana, si è consumata l’estorsione”.

marco franco avvocatoRicostruzioni rigettate dai legali di Torzi, che commentano la misura di custodia temporanea del proprio assistito presso la Caserma della Gendarmeria vaticana: “Questo provvedimento – affermano gli avvocati Ambra Giovene e Marco Franco (in foto) – riteniamo sia il frutto di un grosso malinteso determinato da dichiarazioni interessate che possono aver fuorviato una corretta interpretazione della vicenda da parte degli inquirenti. Non v’è dubbio infatti – proseguono – che Gianluigi Torzi ha consentito alla Segreteria di Stato Vaticana di recuperare un prestigioso immobile londinese il cui ingente valore rischiava di essere disperso e successivamente ha evitato che lo stesso potesse prendere vie poco chiare. Torzi non ha mai avuto intenzione di agire contro gli interessi della Santa Sede e sin dall’inizio di questa inchiesta, attraverso i suoi difensori, ha manifestato costante disponibilità verso gli inquirenti per la ricostruzione dei fatti, producendo decine di documenti, memorie e, infine, con l’interrogatorio di ieri (l’altro ieri, ndr), durato ben 8 ore, per eseguire il quale il nostro assistito è venuto appositamente dall’estero. Siamo sicuri che la posizione di Gianluigi Torzi verrà presto chiarita con riconoscimento della sua estraneità dagli addebiti contestati”.

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