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Lavoro, la proposta di riforma: spunta l’ammortizzatore sociale unico

Governo impegnato nel riordino e soprattutto nella semplificazione del settore. Si fa strada l’ipotesi lanciata ad aprile dagli economisti Boeri e Perotti


Dopo la proroga della cig di 4 settimane, il Governo ha annunciato, già nei giorni scorsi, di essere al lavoro per una riforma degli ammortizzatori sociali.

Ed ecco che – stando a quanto riferisce La Stampa, si farebbe strada nelle idee del premier la proposta lanciata lo scorso aprile dagli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti di “un unico ammortizzatore sociale, uno strumento universale che sostituisca i 9 attualmente esistenti”.

Questo perché le procedure per ottenere l’erogazione delle sovvenzioni variano da uno strumento all’altro, allungando esponenzialmente i tempi di pagamento. Che, invece, specie in stato di crisi, sono urgenti.

La cassa integrazione è oggi di tre tipi: quella ordinaria, interamente pagata dai fondi di lavoratori e aziende, prevista per le crisi temporanee legate ad eventi esterni all’attività dell’azienda, comprese le pandemie; la cassa integrazione straordinaria, finanziata da aziende, lavoratori e ministero del lavoro, con procedure più lunghe dell’ordinaria e un piano aziendale di rientro dalla situazione di crisi; quella in deroga, concessa quando aziende e lavoratori hanno esaurito il ricorso alle altre due ed è finanziata interamente dallo Stato. In questo periodo di emergenza accedono alla cassa in deroga le aziende con meno di 6 dipendenti che non hanno copertura dagli altri ammortizzatori sociali.

Ma non è finita. Tra gli strumenti di sostegno al reddito ci sono pure: un Fondo di integrazione salariale previsto per le imprese commerciali, che non usufruiscono della cassa integrazione, e costituito dai versamenti di imprese (due terzi della cifra) e lavoratori (il restante terzo); un Fondo di solidarietà previsto dal Job’s act per particolari categorie di lavoratori (marittimi, dipendenti delle poste, del trasporto aereo, bancari) e i Fondi di solidarietà bilaterali alternativi, uno per gli artigiani (Fsba) e uno per i lavoratori interinali (Forma Temp). Infine, c’è un ammortizzatore sociale previsto per chi ha perso il lavoro e ha versato i contributi durante l’attività lavorativa: è la Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) che garantisce per un massimo di due anni l’80 per cento dell’ultima retribuzione con un tetto massimo di 1220 euro lordi al mese.

Un ‘mare magnum’ di misure decisamente complesso, o “farraginoso”, come definito da Conte. Di qui, dunque, l’esigenza di riorganizzare la materia magari con un ammortizzatore unico, che passa inevitabilmente attraverso la semplificazione dei sistemi di contribuzione di lavoratori e imprese. La semplificazione – scrive La Stampa – dovrebbe portare con sé anche controlli più facili sulle frodi di chi tenta di intascare sussidi cui in realtà non ha diritto.

I sindacati chiedono da tempo una riforma del sistema, “anche per evitare differenze di trattamento dovute a un mercato del lavoro sempre più frammentato”. E chiedono al Governo un ulteriore passo: ”Garantire che il nuovo ammortizzatore unico possa essere utilizzato anche dai lavoratori oggi invisibili per questo meno garantiti”. Istanza che porta con sé le esigenze di regolarizzazione, quindi di emersione del lavoro nero, come nel caso dei migranti per cui tanto si è battuta la ministra Bellanova.

 

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Alessandra

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