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Un terremoto dimenticato e centinaia di famiglie preda della disperazione: Larino guida la protesta dei sindaci

40 milioni di euro bloccati da due anni perché il consiglio dei ministri non ha ancora nominato un commissario delegato alla ricostruzione post-sisma, mentre in 21 comuni del cratere riferito agli eventi sismici del 14 e 16 agosto 2018, le difficoltà ora sono accentuate dall’emergenza Covid


LARINO. Parole durissime sono state pronunciate dal sindaco del centro frentano Pino Puchetti, in relazione all’immobilismo contro il quale da due anni gli amministratori del cratere individuato a seguito del terremoto del 14 e 16 agosto 2018, si stanno scontrando. In tutto sono 21 comuni: i più colpiti quelli di Montecilfone, dove solo pochi giorni si è registrata una nuova scossa di magnitudo 3.5 scala Mercalli; Palata, Guglionesi, Tavenna e la stessa Larino

Oggi nel corso della conferenza stampa, unitamente al primo cittadino frentano che guida la protesta, era presente una nutrita delegazione di sindaci e amministratori del territorio: Acquaviva Collecroce, Guglionesi, Guardialfiera, Montorio nei Frentani, Montefalcone del Sannio, Morrone, Montecilfone, Palata, Portocannone, San Martino in Pensilis.

Il Molise è l’unica regione colpita da eventi sismici e calamitosi che da due anni a questa parte attende ancora la nomina del commissario delegato alla ricostruzione. Un fatto inaccettabile secondo il sindaco di Larino, che ha messo in evidenza un dato paradossale. Il governo ha impegnato in Molise 40 milioni di euro per far fronte alla ricostruzione pesante che però non possono essere spesi proprio perchè manca il commissario. Fondi che obbligatoriamente andrebbero spesi entro il 31 dicembre 2021 e che a questo punto è lecito pensare che andranno persi, a discapito delle famiglie che hanno avuto le abitazioni danneggiate dal sisma e che per questo sono state destinatarie di ordinanze di sgombero.

Le uniche risorse finora stanziate sono quelle relative in parte al pronto ripristino e in parte all’autonoma sistemazione che lo Stato, in virtù della dichiarazione del regime di emergenza, eroga ai nuclei familiari che sono stati costretti a lasciare le abitazioni principali lesionate e che hanno dovuto trasferirsi in altra abitazione. Una soluzione che dovrebbe per l’appunto essere solo temporanea ma che si sta protraendo da mesi e che di fatto sta portando solo a un aggravio di spesa pubblica

A preoccupare i sindaci ci sono anche situazioni ataviche di criticità relative a edifici pubblici a rischio, come il serbatoio idrico situato a Montecilfone e di proprietà della regione. L’area nella quale si trova l’imponente manufatto è stata dichiara ‘ zona rossa’ subito dopo il sisma del 2018 e decine di famiglie che risiedono in quel punto sono state costrette a lasciare le abitazioni. La scossa di magnitudo 3.5 che si è registrata lo scorso 29 giugno, con epicentro proprio a Montecilfone, ha finito per aggravare le condizioni di staticità della struttura. Il timore fondato del sindaco Giorgio Manes è che il serbatoio possa crollare da un momento all’altro.

E’ questa una delle tante situazioni che preoccupano gli amministratori locali. “Abbiamo scritto anche al Presidente della Repubblica ma neppure da lui abbiamo avuto risposte” – è il commento amareggiato del sindaco di Guardialfiera Vincenzo Tozzi.

“Di proposte ne abbiamo fatte diverse – ha commentato Pino Puchetti – ma non siamo stati mai ascoltati. Abbiamo chiesto la nomina del governatore Toma al ruolo di commissario delegato – ha spiegato – ma abbiamo capito che c’erano problemi di natura politica che hanno ostacolato la sua designazione a Roma. Abbiamo chiesto che i membri della struttura commissariale fossero designati all’interno dell’Agenzia regionale per la ricostruzione post-sisma ma neppure su questo siamo stati presi in considerazione” – ha evidenziato il primo cittadino frentano.

Finito il tempo delle proposte non restano che le azioni di protesta eclatanti. Tra le ipotesi a cui i sindaci stanno pensando c’è quella relativa a un’azione di natura giudiziaria. “Chiederemo al Tar la messa in mora del governo” – ha annunciato il sindaco di Montorio nei Frentani Nino Ponte. Contemporaneamente si sta valutando di portare a Roma le famiglie terremotate, ormai in preda alla disperazione, e le imprese che sono alla canna del gas, sia per i ritardi nei pagamenti dovuti a seguito del terremoto del 31 ottobre 2002 ed ora anche per l’emergenza Covid che ha finito per aggravare la crisi del tessuto economico e sociale dell’area già penalizzata dalla carenza di infrastrutture e servizi essenziali.

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