Lo ha rivelato al Messaggero il presidente dell’associazione Ital-Bangla Mohammed Taifur Rahman Shah: comprare i documenti contraffatti “è molto facile, c’è grande corruzione”. A tornare sarebbero gli stessi migranti che avevano lasciato l’Italia a marzo, proprio per evitare l’esplosione dell’epidemia
ROMA. La salute propria e altrui in Bangladesh vale circa 50 euro. A Dacca, “tutti possono comprare questo certificato” falso, che senza alcuna verifica medica attesta la negatività al Coronavirus e permette quindi di lasciare il Paese pur essendo malati: “È molto facile, c’è grande corruzione”. Lo ha raccontato al Messaggero il presidente dell’associazione Ital-Bangla, Mohammed Taifur Rahman Shah, che ha spiegato come nella capitale bastino tra i 3.500 e i 5.000 taka (36-52 euro, NdR) per comprare le attestazioni falsificate.
Le regole anti-Covid imposte dal Bangladesh impongono a chi vuole entrare o uscire dal paese di presentarsi in aeroporto con un certificato medico che attesti di non essere contagiati. Le analisi vanno fatte a non più di 72 ore dalla partenza, ma in pochi vi si sottoporrebbero davvero. “Ci si compra il diritto a volare verso l’Italia e verso l’Europa” spiega Rahman, soprattutto se si è ammalati. “Se uno sente di stare male, se sente di essere contagiato, cerca di fuggire per provare a salvarsi la vita in un Paese in cui l’assistenza sanitaria funziona”.
“Stanno sbagliando senza dubbio”, conclude Rahman, “ma da una parte c’è il lavoro e la vita, dall’altro c’è il pericolo di morire per una sanità che non esiste”. Ad arrivare sarebbero tendenzialmente gli stessi migranti che avevano lasciato l’Italia a marzo proprio per evitare l’esplosione dell’epidemia.
Negli ultimi giorni gli arrivi dal Bangladesh avevano già alzato la soglia di attenzione del Governo dopo che 36 persone giunte da Dacca a Fiumicino sono risultate positive al virus. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha deciso di bloccare i voli dal paese asiatico, al momento considerati troppo pericolosi. I passeggeri del volo da Dacca risultati positivi sono stati ricoverati al Covid Hospital di Casal Palocco, alla periferia di Roma. Anche gli altri passeggeri del volo sono stati isolati per 14 giorni in strutture affittate dalla Regione. Molti di loro hanno come destinazione finale Roma e il Lazio, ma una parte è diretta in Romagna, per lavorare nei ristoranti e negli hotel della riviera.
L’assessore laziale alla Sanità Alessio D’Amato ha definito l’episodio “una vera e propria bomba virale che abbiamo disinnescato con tempestività”. Gli esperti della Regione calcolano che, se le percentuali di positivi rispetto agli altri arrivi fossero anche soltanto vicine a quelle del volo in questione, allora nelle ultime settimane sarebbero arrivati a Roma circa 600 positivi da Bangladesh e da altri Paesi ad alta circolazione del virus. È scattata quindi la ricerca dei positivi: oltre ai controlli obbligatori all’arrivo a Fiumicino, la Regione Lazio ha disposto tamponi anche per i componenti della comunità bengalese romana. I test verranno effettuati al Prenestino, tra la Prenestina e piazza Roberto Malatesta, con la postazione drive in della Asl Roma 2.
Pierre
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