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Luca Colella: da Pertini a Warren Buffet, dna di un manager già vocato al successo

Redazionale/ Il giovane imprenditore, Cfo del Gruppo Colella, a tutto campo su economia e finanza, a livello regionale e nazionale. Senza dimenticare Isernia, con i lavori del Tequila in dirittura d’arrivo. Ma su un eventuale futuro in politica glissa. GUARDA LA VIDEOINTERVISTA


ISERNIA. Trentadue anni, carisma da capitano d’industria navigato, una passione spiccata per economia e finanza e idee chiare, su di sé e sul futuro. Luca Colella, Cfo del Gruppo Colella, è tipo che va dritto al punto e non si sottrae a domande scomode. Figlio del patron Camillo Colella e dell’ex vicesindaco di Isernia Maria Teresa D’Achille, ad oggi vede il suo futuro proiettato ai vertici del gruppo di famiglia, dove è affiancato anche dalla sorella Francesca, che si occupa della divisione immobiliare delle strutture ricettive e del fratello Andrea, impegnato nel settore della produzione, commercializzazione e gestione delle acque minerali. Senza velleità politiche, per ora. Ma in futuro, chissà.

Forte di un master in Wealth Management presso la Singapore Management University – considerato dal Financial Times il terzo migliore al mondo in finanza post-experience – con alle spalle già una grande esperienza in ambito immobiliare, nella divisione relativa al real estate del gruppo, Luca Colella ha deciso differenziare la sua attività formativa specializzandosi in economia e finanza, “due passioni che mi accompagnano da sempre”. Membro dell’Aiaf, l’Associazione italiana analisti finanziari, grazie alla quale ha maturato la qualifica di analista finanziario europeo certificato, ha partecipato anche a un master in family office tramite l’Associazione italiana family officer.

Ma Luca non nasconde le proprie ambizioni e lo dice a chiare lettere: è solo l’inizio. “Considero questi obiettivi degli ottimi punti di partenza – svela – ma ormai appartengono al passato; sono invece molto, molto concentrato sul presente”. Un presente in cui anche gruppi importanti come quello di cui porta il nome hanno dovuto attraversare la fase Covid, inaspettata per tutti, con strascichi che dureranno per chissà quanto. Ma la holding di famiglia ha retto al colpo, grazie anche alla diversificazione delle proprie attività. “La produzione di acque oligominerali – spiega – con i marchi Castellina e Santa Croce, ha continuato a funzionare a pieno ritmo facendo parte del settore alimentare e del beverage. Ciò che ha risentito particolarmente nella fase di maggiore diffusione del virus è stato il settore immobiliare: siamo proprietari di diverse strutture ricettive su Roma e come tutti, nella fase di maggiore emergenza sanitaria, abbiamo dovuto chiudere per qualche tempo. Abbiamo sfruttato comunque questa fase di stop per avviare una serie di attività di manutenzione che si stanno già rivelando utili ora che abbiamo riaperto al pubblico, in attesa di un ritorno dei flussi turistici degno di nota”.

Lo sguardo del giovane manager è rivolto anche a Isernia, e non potrebbe essere altrimenti. “Stiamo lavorando alacremente per il completamento dell’ex hotel Tequila – sottolinea – A tempo debito faremo una conferenza stampa per fare il punto sui progressi fatti e su ciò che stiamo realizzando. Se riusciremo a rispettare i piani, credo che a fine anno le nuove piscine coperte e scoperte saranno pronte e i clienti potranno usufruirne già nella stagione invernale. Per il completamento dell’intera futura struttura polivalente, invece, credo che saremo pronti nella primavera 2021”.

Ma è sulla situazione regionale in generale che Colella jr. mostra di sapere il fatto suo. Parlando di economia, com’è nel suo Dna, ma non solo. “Fare impresa in Molise non è facile per nessuno. Il problema principale, che vale anche fuori dei nostri confini è la difficoltà di accesso al credito, legato al tema del rating, ovvero del merito creditizio che le banche devono assegnare prima di poter dare l’ok all’erogazione di nuove linee di finanziamento. Se non si riesce a bypassare un sistema creato a monte dalle agenzie di rating, lavorare normalmente per aziende che, per fare un esempio, hanno difficoltà a pagare le rate dei mutui, diventa quasi impossibile”.

Concentrato sul presente, ma giustamente proiettato al futuro, Colella tra i sogni nel cassetto svela di voler avviare “un fondo di investimento che mi permetta di contribuire in maniera efficace alla crescita e alla internazionalizzazione delle più belle eccellenze italiane tra le pmi, autentico volano dell’economia”. Ma non solo: come gruppo, afferma, “vorremmo riuscire a contribuire di più crescita del nostro territorio. Questo tuttavia potrà avvenire in un futuro in cui la burocrazia e le nuove normative permetteranno ai nuovi imprenditori di investire in nuove tecnologie e in start up, un po’ come avviene nella cosiddetta Start up nation, lo Stato di Israele”. Modelli vincenti e riconoscibili, dunque, nell’impresa ma anche nella vita: da Nelson Mandela, per la sua battaglia per i diritti civili, a Warren Buffet, considerato il miglior investitore al mondo, fino a Sandro Pertini, per la politica.

Colella non risparmia un passaggio anche su temi di macroeconomia. “Da grandi sfide nascono importanti opportunità, anche a livello europeo. Magari prima o poi si arriverà alla famosa mutualizzazione del debito pubblico. Stimati economisti prevedono che quest’anno quello italiano crescerà intorno al 160 per cento, per poi assestarsi al 150 entro un paio d’anni. Tuttavia, io credo che un debito pubblico alto non rappresenti per forza un fattore negativo. È tale, invece, quando i tassi di crescita sono bassi, come nel caso italiano. Quale potrebbe essere la soluzione? Abbiamo un grande asset nelle nostre mani, 4.500 miliardi di ricchezza privata, di cui 1.200-1.300 sono depositati sui conti correnti delle principali banche italiane. Considerato che l’interesse che noi tutti riceviamo è intorno allo zero, perché non trasferire un 30-40 per cento di questa ricchezza in titoli di Stato, così da evitare, nei momenti di maggiore volatilità del mercato, un allargamento dello spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi? Avremmo sì un debito pubblico alto – conclude Colella – ma una maggioranza in mano a investitori qualificati professionali e piccoli risparmiatori privati italiani, con conseguente innalzamento del tasso di interesse di rendimento intorno all’1-2 per cento sull’investimento. Mi rendo conto che è difficile convincere a investire nel proprio Paese – conclude il Cfo del Gruppo Colella – ma è una situazione che va affrontata di petto e non ci sono più mezze misure”.

 

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