Impennata in sei regioni, ma da noi il secondo miglior parametro d’Italia. Il ministro Speranza: “Auspico non sia più necessaria la chiusura totale, ma dipende da noi”. Il virologo Crisanti lancia l’allarme immigrati e non si nasconde: per la pandemia dobbiamo solo ringraziare i cinesi. Rischiamo subito una seconda ondata
Ci sono sei regioni d’Italia che superano il livello di guardia Rt0, l’indice che misura il tasso di contagiosità dopo l’applicazione delle misure decise per contenere la malattia: Veneto, Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna. Lo rivela il rapporto settimanale dell’Istituto superiore di Sanità e del ministero della Salute. Contagi in aumento, dunque, ma numero dei casi rispetto alla scorsa settimana “più o meno stabile”, afferma Gianni Rezza, capo dipartimento Prevenzione del ministero della Salute.
“L’Rt è 1,01, con intervalli di confidenza che vanno da poco sopra a poco sotto l’unità. Questo è dovuto alla presenza di focolai di dimensioni più o meno rilevanti, spesso dovuti a casi importati dall’estero: ne consegue – sottolinea Rezza – la necessità di continuare con comportamenti ispirati alla prudenza. La sanità pubblica deve intervenire prontamente per intercettarli e contenerli rapidamente”. Naturalmente, spiega ‘Il Sole 24 ore’, è solo una media:
Il Molise è la seconda regione con l’indice più basso: 0,05, meglio solo la Basilicata, dove si registra uno 0,02.
Il report rileva che un numero ridotto di casi richiede l’ospedalizzazione. In pratica, dunque, solo una piccola parte del totale delle persone che contraggono il virus sviluppano quadri clinici più gravi. Questo consente “di gestire la presenza del virus sul territorio, in condizioni di riapertura, senza sovraccaricare i servizi assistenziali”, spiegano gli esperti.
Insomma, nulla di cui preoccuparsi? Niente affatto. A sentire infatti il virologo Andrea Crisanti, il pericolo è dietro l’angolo. A cominciare dai contagi ‘di importazione‘: “Tutti i migranti, indistintamente, vanno testati subito con il tampone appena sbarcano o arrivano in Italia. Bisogna bloccare sul nascere le situazioni a rischio”, dichiara in un’intervista al Giornale. Il rischio, infatti, è la “diffusione a macchia d’olio del virus, che non se n’è mai andato“, continua il medico, che spiega come non sia stupito più di tanto dal focolaio scoperto nel Centro d’accoglienza di Jesolo. “Noi – svela il professore – in passato avevamo fatto domanda di testare queste realtà ma da Roma non ci hanno mai autorizzato, o forse non ci hanno neppure risposto. E la cosa non ha avuto seguito. E quindi non siamo intervenuti. Era fine marzo”. E ancora: “Il virus non guarda in faccia nessuno e circola ovunque. Quindi dovevano essere testati pure i migranti. Non avevamo sospetti precisi, ma volevo monitorarli perché erano stati lasciati fuori dai controlli epidemiologici”.
Il virologo conclude dicendo di condividere la scelta prudenziale del ministro della Salute Speranza, che ha aggiornato l’elenco dei Paesi a cui non è consentito l’accesso in Italia, anche se andrebbero inclusi anche gli Usa, il Paese con il più alto numero di contagi al mondo. Ma la sua conclusione è terribilmente sferzante, come solo la verità sa essere: “Noi ci scandalizziamo che un migrante sia positivo, ma della pandemia dobbiamo solo ringraziare i cinesi che hanno ritardato la comunicazione dei dati e che hanno favorito il virus prima del blocco dei voli. Io non me le dimentico le drammatiche settimane di febbraio”.
E proprio il ministro Speranza, come riferisce ‘La Nazione’, invita più che mai a tenere alta la guardia: “Vero che la curva in Italia e in Europa si è abbassata grazie alle misure che abbiamo adottato e anche grazie ai comportamenti straordinari delle persone, che hanno dato una mano enorme. Ma questo è vero per l’Italia e per l’Europa, purtroppo non è vero per il mondo. La curva a livello globale sta salendo, non è mai stata così impennata. Nei giorni passati sono stati registrati 228mila casi in un solo giorno, record assoluto, quindi siamo nel momento peggiore”. L’auspicio del ministro è che “non si arrivi più a una chiusura totale” a causa della diffusione del coronavirus, “però questo non sta scritto nel cielo – ha concluso – dipende da noi, dipende prima di tutto dai comportamenti di ciascuno di noi“.
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