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Il centro d’accoglienza che rifiuta i migranti: “Non li vogliamo, sono un rischio”

IL CASO/ A Schiavi d’Abruzzo, al confine col Molise, i dipendenti del Cat proclamano lo stato di agitazione e si dicono disposti a farsi licenziare pur di tutelare la salute, propria e dei loro concittadini, dal rischio Covid: “Non siamo preparati a gestire casi positivi o sospetti”


SCHIAVI D’ABRUZZO. Incrociano le braccia e giurano: non prenderemo servizio, il rischio è troppo alto. Sono disposti a perdere il posto di lavoro i 5 dipendenti del centro d’accoglienza di Monte Pizzuto a Schiavi d’Abruzzo (Chieti), paese in cui dovrebbero essere destinati 18-20 migranti bengalesi provenienti dal Cat di Gissi, nel Vastese, dove pochi giorni è stato accertato un cluster di 16 positivi al Covid-19.

Gli extracomunitari che dovrebbero arrivare in paese sono stato sottoposti a tampone, che ha dato esito negativo per tutti. Ma la paura di nuovi contagi è tanta, così i lavoratori del Cat di Schiavi hanno proclamato lo stato di agitazione, come riferito dall’Eco dell’Alto Molise.

isNews è riuscita a contattare uno di essi, che ha spiegato come soltanto due giorni fa sia pervenuta una mail da parte dell’azienda che gestisce il Cat in cui si chiedeva ai dipendenti – in ferie forzate dal 19 giugno, quando il centro era stato chiuso – di essere presenti ieri sul posto di lavoro per prepararsi ad accogliere i migranti provenienti dal Bangladesh. Ma da parte degli addetti c’è stata una dura presa di posizione: si sono rivolti a un legale e hanno inviato una mail a Comune, prefettura di Chieti, carabinieri di Schiavi d’Abruzzo e di Atessa, informandoli di non essere disposti a lavorare per motivi di salute pubblica. La propria e delle famiglie, certamente, ma di tutti i loro concittadini: il comune del Chietino, infatti, come la gran parte dei paesi montani di Abruzzo e Molise è popolato per la gran parte da anziani, soggetti a maggior rischio di infezione da coronavirus. E i migranti in arrivo da Gissi, per quanto negativi al tampone, potrebbero positivizzarsi, come già tante volte accaduto in altri contesti, visto che comunque sono stati a contatto con altri connazionali risultati positivi. Inoltre, il periodo estivo è quello in cui il paese si ripopola maggiormente, con numerosi turisti che, come ogni anno, provengono da Roma. Insomma, il rischio di una bomba sanitaria fa paura, nonostante il Cat di Monte Pizzuto disti circa un chilometro dal centro abitato, garantendo così un certo isolamento. Ma da parte del personale operante si è disposti a tutto per evitare il peggio.

“La tutela della salute, nostra, delle nostre famiglie e delle comunità nelle quali viviamo viene prima del nostro posto di lavoro – ha dichiarato un dipendente del centro – e quindi possiamo annunciare che se dovessero realmente arrivare i migranti dal centro di Gissi, dove è stato accertato un cluster di positivi al Covid, noi non prenderemo servizio. Ci hanno riempito la testa con il Covid e le precauzioni da prendere, ora ci obbligano a tornare a lavorare senza che nella struttura ci siano le condizioni minime per garantire la sicurezza degli ospiti e di noi operatori. Non ci hanno fatto seguire un corso di formazione su come gestire eventuali casi positivi o sospetti positivi, ad esempio, né su come utilizzare in maniera sicura i dispositivi di protezione individuale. In queste condizioni – proseguono i dipendenti – noi siamo disposti a rinunciare al nostro posto di lavoro per il bene e la salvaguardia della salute delle nostre famiglie e delle comunità dei nostri paesi”.

La notizia dei migranti provenienti da Gissi, per la quale anche il presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio aveva tuonato contro Governo centrale e prefettura per il sistema di gestione dell’accoglienza e il sindaco del paese aveva presentato un esposto in procura, è rimbalzata sui social per tutto il pomeriggio.

Qualcuno, in maniera azzardata, ha anche ipotizzato che i bengalesi potessero essere dislocati in Molise, magari in provincia d’Isernia vista la vicinanza, se davvero l’operazione di sistemazione a Schiavi d’Abruzzo salterà. Ma va detto che di solito il trasferimento tra due regioni, per quanto confinanti, appare improbabile: dovrebbe esserci una direttiva ministeriale ad hoc per autorizzarne il trasferimento dall’Abruzzo al Molise e il tempo stringe.

 

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