Minori reclutati nei paesi del Molise e sfruttati dai ‘padroni’. All’inizio del Novecento, una contessa romana procurava ‘servette e garzoni’ per le famiglie agiate delle città e manovalanza a basso costo per numerose tenute agricole signorili
di Alessandra Gioielli
Nel 1910, sulla rivista politica “Liberissima” (anno I, fascicolo 20° del 30 agosto), fu pubblicato un articolo intitolato Carità mondana sotto inchiesta, che riportava notizie sul reclutamento e sfruttamento dei minori indigenti a Isernia e in altre località molisane del nostro circondario: Pizzone, San Vincenzo al Volturno, Monteroduni, Sesto Campano, Colli a Volturno, Pozzilli e Scapoli.
L’articolo in questione, chiamando in causa la «moglie del senatore Paternostro», una contessa che era stata la fondatrice d’un Comitato carità e agricoltura per l’educazione dei fanciulli derelitti ed orfani, sosteneva che tale Comitato, piuttosto che salvare i figli di umili contadini dal loro destino di povertà e di ignoranza, «li acchiappava» o «li arrestava» (strappandoli ai genitori oppure, se orfani, agli zii e ai nonni che venivano accusati d’essere “incoscienti e snaturati”), con la scusa di toglierli dalle strade e sistemarli presso famiglie agiate o in signorili colonie agricole. Secondo la menzionata rivista, in seguito ai «gridi dolore» di questi poverini (maltrattati e bestialmente sfruttanti, spesso mandati a badare a porci, pecore e capre) si è capito che il Comitato, presieduto dalla contessa moglie del senatore, violò costantemente le proprie finalità, ossia quelle di aiutare i minori poveri per agevolarne l’istruzione primaria e farne bravi agricoltori, artigiani e operai, nonché buone madri, sarte e massaie.
Nella rivista si può anche leggere ciò che un corrispondente scrisse da Isernia:
«Qui esiste una Commissione sotto il nome della contessa Paternostro, e l’incaricato è [ometto volutamente il nome di costui], direttore del ginnasio. Egli non fa altro che richiedere i minorenni alla Contessa per metterli a servizio delle famiglie: ma le assicurazioni su la riuscita e le buone qualità delle ragazze non corrispondono al fatto. Talune di esse sono a mala fine: spesso fuggono e cambiano padrone. Niente colonia agricola ma solo ricerca e collocamento di servette e garzoni».
Anche «negli altri Comuni del circondario […] le lagnanze sono identiche e i minorenni fuggono».
Di tale “mercato dei bambini poveri” – si apprende ancora dall’articolo – si sono dovuti occupare i RR. Carabinieri e il Sotto Prefetto di Isernia, in ragione della legge n. 1733 del 21 dicembre 1873, sul divieto dell’impiego dei fanciulli in professioni girovaghe, e della legge n. 3657 dell’11 febbraio 1886, volta alla tutela dei minori sfruttati sul lavoro.
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