Ancora segnalazioni dalla provincia di Isernia su ritardi lunghi settimane per effettuare il test Covid-19
ISERNIA. È un tunnel senza via d’uscita quello della gestione dei tamponi nella regione Molise. Non si contano ormai le segnalazioni di disguidi e ritardi, con famiglie da settimane in attesa di essere contattate per il primo test nasofaringeo o anche per quelli successivi, di semplice controllo.
isNews ha raccolto varie testimonianze nei giorni scorsi: prima l’odissea di Erika, costretta a casa da 32 giorni in attesa di fare il terzo tampone di controllo; poi quella di un ragazzo di Isernia, da 9 giorni in attesa di tampone senza essere richiamato, dopo innumerevoli tentativi di contattare la Asrem, telefonici e via mail.
Oggi è la volta di altre due persone che si definiscono “vittime di un sistema che non funziona”. Un giovane di Castelpizzuto e la sua mamma, dopo aver avuto un contatto con un parente risultato in seguito positivo, si sono messi in isolamento dal 21 ottobre. La donna è risultata a sua volta contagiata dopo un tampone rapido eseguito privatamente e il figlio, tre giorni dopo, ha iniziato ad avere la febbre. Il medico di famiglia ha fatto più volte richiesta di tampone ma nulla: dopo quasi 15 giorni restano ognuno isolato in una stanza, senza mai essere stati contattati. “Una situazione allucinante – è il commento del giovane – le carenze del sistema sanitario molisano sono paurose”.
Non va meglio alla signora Anna Maria di Pozzilli: “Sono in casa dal 12 ottobre – dichiara a isNews – ho fatto il tampone quel giorno e 48 ore dopo ho avuto l’esito, positivo. Da allora non mi è stato più fatto il secondo. Anche mia figlia, 29 anni, ha accusato sintomi, come me: a casa sono venute le unità Usca a controllarci e darci la cura, ma poi siamo rimaste in un limbo. Il nostro medico di famiglia ha fatto richiesta all’Asrem di tampone ma nulla si è mosso. Io personalmente ho provato a chiamare decine di volte l’Azienda senza esito e, le pochissime volte in cui sono riuscita a parlare con qualcuno presso il Dipartimento di Igiene e Prevenzione, mi hanno risposto che loro non possono aiutarmi. Mi sento prigioniera dell’Asrem, sono praticamente agli arresti domiciliari. E considerando che sono un operatore socio-sanitario in servizio a Montaquila, se fossi negativa sarei ben lieta di tornare a lavoro a dare una mano, in questa fase”.
L’auspicio è che possa esserci quantomeno uno o più numeri dedicati per le esigenze dell’utenza ma, più ancora, che il tracciamento dei contatti e i relativi tamponi non si prolunghino ben oltre i tempi tecnici.
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