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Covid e smog, nessuna correlazione: lo studio di Cnr e Arpa

La ricerca, effettuata su Milano e Bergamo, smentisce il presunto legame tra i due fattori in considerazione dei numeri del contagio in Nord Italia


Nessun legame tra virus e smog; nessuna interazione tra Covid e particolato atmosferico. Questo quanto emerge da uno studio effettuato dal Cnr e dall’Arpa Lombardia, su Milano e Bergamo, al fine di comprendere le ragioni dell’elevato numero di contagi nel Nord della Penisola, in particolare nella prima ondata della pandemia, quando nel solo mese di maggio la sola Lombardia registrava il 36.9% dei casi di coronavirus rispetto al resto di Italia.

La correlazione apparente tra i due fattori, oggetto di discussione nella comunità scientifica, non sembra così esistere.

Lo studio effettuato dall’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac – sedi di Lecce e Bologna) e dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa Lombardia) – riferisce TgCom24 – svela però che vettore della diffusione del virus non è l’inquinamento.

Sono stati analizzati i dati degli ambienti outdoor nelle città di Milano e Bergamo, tra i focolai più rilevanti nel Nord Italia, ipotizzando che – ha spiegato il ricercatore Daniele Contini – “scarsa ventilazione e stabilità atmosferica (tipiche del periodo invernale nella Pianura Padana) e il particolato atmosferico, cioè le particelle solide o liquide di sorgenti naturali e antropiche, presenti in atmosfera in elevate concentrazioni nel periodo invernale in Lombardia, – possano favorire la trasmissione in aria del contagio”.
I risultati delle indagini, invece, – si legge ancora – “mostrano concentrazioni molto basse, inferiori a una particella virale per metro cubo di aria. Anche ipotizzando una quota di infetti pari al 10% della popolazione, 140mila persone per Milano e 12mila per Bergamo, quindi decupla rispetto a quella attualmente rilevata (circa 1%), – ha proseguito Contini – sarebbero necessarie, in media, 38 ore a Milano e 61 a Bergamo per inspirare una singola particella virale” che, d’altra parte, “può non essere sufficiente a trasmettere il contagio”.
Insomma, “la maggiore probabilità di trasmissione in aria del contagio, al di fuori di zone di assembramento, appare essenzialmente trascurabile”.

Viene meno, dunque, la teoria secondo cui vi è una maggiore incidenza del virus nelle zone maggiormente inquinate.

 

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Alessandra

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