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Se il cervello si “congela” troppo presto: dal Neuromed passo in avanti nella ricerca contro le patologie del neurosviluppo

Individuato il ruolo che particolari recettori nel sistema nervoso svolgono nelle prime fasi di sviluppo del cervello dopo la nascita


POZZILLI. Tutti sanno che i bambini hanno una capacità di apprendimento molto superiore agli adulti. Il loro cervello, in altri termini, è più malleabile, “plastico” come si definisce in medicina, con i neuroni che stabiliscono nuove connessioni tra loro in risposta agli stimoli ambientali.

Con il tempo questa caratteristica si riduce gradualmente, e un ruolo importante in questo processo lo svolgono le reti perineuronali. Composte di proteine e carboidrati, formano una specie di rivestimento attorno alle cellule nervose, che diventa via via più compatto rendendo più difficile stabilire connessioni.

Alterazioni delle reti perineuronali sono implicate in importanti patologie del neurosviluppo e neuropsichiatriche, come la schizofrenia o le dipendenze. Le reti perineuronali sono pertanto un target potenziale per il trattamento di numerose patologie del sistema nervoso centrale.

È in questa direzione che si muove una ricerca dell’Unità di Neurofarmacologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, pubblicata sulla rivista scientifica Translational Psychiatry. Lo studio ha permesso di evidenziare, su modelli animali, il ruolo fondamentale che particolari recettori nervosi, gli mGlu5, hanno nel determinare lo sviluppo delle reti perineuronali.

“In topi da laboratorio geneticamente privi di recettori mGlu5 – dice la dottoressa Giada Mascio, prima autrice del lavoro scientifico – abbiamo osservato che al sedicesimo giorno di vita le reti perineuronali erano in quantità doppia rispetto agli animali controllo, che invece raggiungono quel livello di densità solo al ventunesimo giorno. Se consideriamo che lo sviluppo di queste reti coincide con la chiusura del periodo critico di plasticità, possiamo dire che per i topi privi di quei recettori la ‘finestra di sviluppo’ si chiude prima”.

I ricercatori hanno ulteriormente approfondito lo studio stimolando le vibrisse dei topi, quindi fornendo al loro cervello nuove informazioni. “Nei topi controllo – spiega Mascio – abbiamo notato un aumento delle reti perineuronali, un adattamento normale di fronte alla fissazione di ricordi e stimoli, come quelli provenienti dalle vibrisse. Ma in quelli privi del recettore non c’è stata alcuna differenza. È come se le loro reti avessero già raggiunto la massima espressione”.

L’apprendimento e la gestione delle informazioni che ci vengono dall’ambiente sono fattori cruciali nel determinare la nascita e l’evoluzione di patologie neuropsichiatriche. “Per questo motivo – commenta il professor Ferdinando Nicoletti, responsabile dell’Unità di Neurofarmacologia – capire il ruolo dei recettori mGlu5 in questi processi significa gettare le basi per comprendere a fondo patologie come schizofrenia o dipendenze. Siamo naturalmente in una fase preliminare, ma l’obiettivo rimane quello di trovare nuove strade per la prevenzione e il trattamento”.

Redazione

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