Coronavirus, il dramma di Santa Croce di Magliano: 152 contagi e 4 morti in poche ore

Contagi e vittime in aumento esponenziale: la drammatica realtà di una comunità sconvolta dal dilagare della variante inglese del Covid sta tutta nei numeri, tutt’altro che rassicuranti dopo settimane dall’istituzione della zona rossa. Nel frattempo si susseguono senza sosta gli appelli del sindaco Florio: “Restare a casa e limitare il più possibile i contatti in attesa dei vaccini”

SANTA CROCE DI MAGLIANO. Cosa sta succedendo a Santa Croce di Magliano? E’ quello che in paese si stanno chiedendo tutti, dopo la spaventosa impennata di contagi, di vittime e di ricoveri che sia è registrata negli ultimi giorni; qui il virus fa paura e la conferma arriva dal numero dall’alto numero di vittime: 4 in appena quattro giorni, e di contagi, arrivati a quota 152 in un Comune che conta meno di 5mila abitanti. Che si tratti della diffusione della variante inglese del Covid è una certezza, alla luce della repentina diffusione del virus e del progressivo abbassamento dell’età delle persone positive.

Spaventa l’elevato numero di ricoveri ospedalieri e di pazienti, anche giovani, con gravi problemi di insufficienza respiratoria. Nelle case c’è disperato bisogno di bombole di ossigeno e di supporto medico. Una comunità che appare sconvolta e spaesata, dopo che neppure l’istituzione della zona rossa sembra stia sortendo gli effetti sperati.

In questi giorni sono stati numerosi gli appelli al rispetto delle regole, lanciati dal sindaco Alberto Florio. “In attesa delle vaccinazione di massa – ha scritto dal suo profilo facebook il primo cittadino – non abbiamo altre alternative, per cercare di spezzare la catena dei contagi”. Un appello al comune senso di responsabilità, dovuto a una situazione già grave ma che sta avendo effetti ancor più nefasti anche alla luce della carenza di una adeguata rete di assistenza territoriale e dell’intasamento delle poche strutture ospedaliere presenti in Molise. L’unica forma possibile per tamponare l’emergenza è stare in casa, limitando il più possibile i contatti anche all’interno delle stesse famiglie. L’impressione è che qui si stiano rivedendo le stesse scene che ci sono viste nella Val Seriana bergamasca nel corso delle prima ondata della pandemia.

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