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Scandalo Vaticano: il Fondo del Papa per pagare il broker che giocava in Borsa con i titoli Mediaset

Nuovi particolari sull’arresto disposto per Gianluigi Torzi, accusato di aver estorto ingenti somme alla Segreteria di Stato pontificia per fini speculativi, comprando azioni di società quotate per un importo di oltre 4 milioni e mezzo di euro, tra cui anche quelle del Biscione. Ma l’avvocato difensore: impugneremo il provvedimento al Riesame


ROMA. Gianluigi Torzi, il broker molisano nei confronti del quale è stato disposto l’arresto in carcere dal Tribunale di Roma, avrebbe effettuato “un vero e proprio ricatto” nei confronti del Vaticano. A dirlo è un dipendente della Segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi – tra gli indagati dalla magistratura della Santa Sede – riportato sulle colonne de Il Tempo.

La polizia capitolina ha svolto una serie di indagini dalle quali è emerso come Torzi – dopo aver estorto somme di denaro gestite dalla Segreteria di Stato – ha reimpiegato quel denaro per finalità speculative anche in Italia: comprando quote di società quotate in Borsa per un importo di oltre 4 milioni e mezzo di euro, che gli hanno consentito, dopo pochi mesi, di conseguire un guadagno di oltre 750mila euro. Tra le società coinvolte si leggono i nomi di Mediaset spa (azienda ovviamente ignara di tutto, come si legge sul ‘Fatto Quotidiano’), Marzocchi Pompe spa e Bonifiche Ferraresi spa. Il giudice Corrado Cappiello scrive nell’ordinanza che “Torzi avrebbe esercitato delle pressioni per ottenere della Segreteria di Stato il pagamento di 15 milioni di euro (ulteriori rispetto ai 40 milioni di sterline britanniche già corrisposte a Raffaele Mincione) come prezzo occulto delle mille azioni con diritto di voto della Gutt Sa necessarie per il trasferimento dell’immobile alla neocostituita società”. L’immobile cui si fa riferimento è a Sloane Avenue, a Londra.

L’operazione, si legge sempre nell’ordinanza, sarebbe stata condotta con due fatture per prestazioni inesistenti, una da 10 milioni e una da 5 milioni. A disciplinarla “una serie di contratti sottoscritti da monsignor Alberto Perlasca, in qualità di procuratore del sostituto della segreteria di Stato, monsignor Edgar Pena Parra”.

Il 15 marzo 2019 Tirabassi e Perlasca “hanno addirittura proposto al sostituto della Segreteria di Stato di prelevare 20 milioni di sterline dal cosiddetto Fondo Discrezionale del Santo Padre per chiudere la transazione con Torzi”, spiega sempre il Gip.

La magistratura della Santa Sede ha messo sotto indagine, tra gli altri, anche monsignor Perlasca per lo scandalo sulla compravendita di immobili di lusso a Londra con i soldi dei fedeli e sui flussi finanziari dei conti su cui transita l’Obolo di San Pietro. Tra gli acquisti effettuati c’è, appunto, l’immobile in Sloane Avenue. A febbraio 2020, nell’ambito di una perquisizione ordinata dal Promotore di Giustizia vaticano era stato eseguito il sequestro di documenti e apparati informatici presso l’Ufficio e l’abitazione di Perlasca, ex braccio destro di Angelo Becciu all’epoca in cui era sostituto agli Affari Generali della Segreteria di Stato. Oltre a monsignor Perlasca, che da ottobre scorso si trova nella dimora pontificia di Papa Bergoglio a Santa Marta, sono indagati l’ex segretario di Becciu, monsignor Mauro Carlino, l’ex direttore generale dell’Aif Tommaso Di Ruzza (che a gennaio 2020 aveva comunque concluso il suo mandato quinquennale) e tre dipendenti della Segreteria di Stato: Vincenzo Mauriello, Caterina Sansone e il già citato Tirabassi.

Oltre al ricatto descritto da Tirabassi, emerge la “partecipazione strumentale e ingiustificata (dal punto di vista economico) dell’indagato Torzi, tramite Gutt Sa, nell’acquisizione dell’immobile londinese (avvenuta in violazione delle norme dello Stato della Città del Vaticano che attribuiscono in via esclusiva all’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica le operazioni immobiliari ed eludendo le finalità dello Ior)”, si legge nell’ordinanza. Il broker molisano avrebbe quindi “architettato, con la complicità di funzionari della Segreteria di Stato, le condizioni per pretendere i compensi richiesti: invero, sfruttando la posizione di vantaggio derivante dalla titolarità delle azioni con diritto di voto di Gutt Sa (società intervenuta nell’operazione immobiliare senza apparente giustificazione economica), Torzi ha costretto la Segreteria di Stato a corrispondere 15 milioni di euro”.

Nel motivare l’esigenza dell’arresto in carcere, il gip Cappiello spiega che Torzi “con la collaborazione di prestanome e di tecnici di fiducia, si serve di numerose società, operanti anche all’estero, come schermo per la propria attività imprenditoriale, in gran parte basata sull’elusione fiscale, provvedendo al reimpiego dei proventi illeciti in speculazioni finanziarie”. “Peraltro, oltre al procedimento penale presso lo Stato Vaticano nel quale è stato recentemente tratto in arresto, Gianluigi Torzi, gravato da precedenti di polizia per abusiva attività finanziaria, truffa, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, è indagato anche per reati di bancarotta fraudolenta (propria e impropria) nell’ambito del gruppo Tag Comunicazioni”.

“Impugneremo questo provvedimento davanti al Riesame”. A dirlo all’Adnkronos l’avvocato Marco Franco, difensore del broker. “Sono sconcertato dalla lettura del provvedimento del gip di Roma. Mi sembra la sintesi ancora più inconsistente della tesi Vaticana, già fatta a pezzi dal primo giudice che ha avuto occasione di esaminare gli atti, cioè quello inglese”, sottolinea il penalista.

 

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