Ospedali allo sfacelo: da Isernia riparte la mobilitazione per una sanità pubblica all’85 per cento

Pronto Soccorso del Veneziale quasi senza medici, ma non solo. La proposta del Comitato Isernia Beni Comuni: alle strutture private solo il 15 per cento del budget, no al sistema dei vasi comunicanti

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ISERNIA. Riparte da Isernia la mobilitazione a difesa della sanità pubblica. Dopo l’ennesima denuncia da parte del primario del Pronto Soccorso dell’ospedale Veneziale di Isernia, Lucio Pastore, sulle carenze strutturali nel reparto – ridotto a tre-quattro medici rispetto agli undici previsti – il Comitato Isernia Beni Comuni (ex Bene Comune Veneziale) lancia un appello sui social a una prossima mobilitazione.

Tra medici stressati dal superlavoro e utenti costretti a fare i conti con una sanità sempre più scadente in termini di servizi al cittadino in una fase ancora non del tutto definibile come post-Covid, si passa dunque all’azione. Anche perché con la stagione estiva alle porte l’afflusso di pazienti in Pronto Soccorso tende statisticamente ad aumentare e i professionisti in servizio hanno anche diritto alle ferie: ma con un organico ridotto all’osso non si capisce come dovrebbero fare per usufruirne senza far saltare i turni. Il giorno dopo l’appello di Pastore, in ogni caso, l’Asrem bandito ha due selezioni: un avviso a tempo determinato e un concorso a tempo indeterminato. L’obiettivo è reperire 20 medici formando delle graduatorie da cui attingere. Nel caso del tempo indeterminato, l’assunzione comporta anche la permanenza nella sede molisana per almeno due anni.

Il Comitato, in ogni caso, non si accontenta e rilancia due storiche proposte: in primis, la divisione dei budget del fondo sanitario, nazionale e regionale, con il 15 per cento da dare ai privati convenzionati e l’85 per cento da destinare al pubblico, senza vasi comunicanti. “É il provvedimento primo – si legge sull’appello social – per impedire che con il cavallo di Troia dei privati convenzionati si privatizzi il sistema.

Seconda soluzione prospettata: una metodologia di gestione del servizio sanitario che parti dall’analisi dei bisogni reali del territorio, e non dalle esigenze delle clientele, per decidere i servizi e le strutture da attivare, l’introduzione di una contabilità analitica per centri di costo per conoscere in tempo reale come vengono utilizzati i fondi, una distribuzione della forza lavoro in base ai reali carichi di lavoro e non per le esigenze clientelari.

“Ma in questo momento il sistema pubblico è nella fase finale di disfacimento e abbiamo bisogno di attivare iniziative che permettano di bloccare questo processo – scrivono dal Comitato – Tra poco vi informeremo di altre iniziative che stiamo per mettere in atto e che avranno la necessità della partecipazione di tutti voi. Aiutateci a non far perdere al sistema sanitario le caratteristiche di un bene comune”.

Le risposte, almeno a livello Facebook, sono già tante.

Pba

 

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