Come sempre ci si ricorda dell’importanza della prevenzione solo dopo che accadono tragedie come quella avvenuta ieri e che ha portato via uno dei polmoni verdi più belli ma nello stesso tempo meno tutelati della regione. Lo scenario odierno è mortificante e interroga le coscienze di tutti
CAMPOBASSO-TERMOLI. Le immagini del disastro lasciato dai roghi che hanno distrutto parte del litorale e delle colline bassomolisane, arrivando fin dentro i centri abitati e le strutture turistiche, oggi sono sotto gli occhi di tutti. Un danno enorme sul quale si chiede di accertare le responsabilità ma che implica ora impegno immediato delle istituzioni.
Oggi arrivano anche le prime prese di posizione dal mondo politico regionale. Il Movimento 5Stelle chiede una più efficace opera di “programmazione riguardo alla prevenzione degli incendi, a tutti i livelli” ed esprime vicinanza alle popolazioni di Termoli, Guglionesi, Campomarino e non solo. Ovunque si trovino le precise responsabilità di questi terribili accaduti è cruciale che la politica torni a studiare, programmare e lavorare per la tutela dell’ambiente superando una volta per tutte gli slogan e passando ai fatti, perché è già troppo tardi”.
Alla necessità di programmare prima che si ripetano tragedie simili si appella anche il segretario regionale del Pd, Vittorino Facciolla.
Scende nel pronfondo l’analisi della docente e antropologa Letizia Bindi, che racconta come gli incendi di questi giorni lei li abbia osservati “sgomenta pensando alla incapacità che mostriamo di accogliere il pensiero delle vite ‘altro-che-umane’ con le quali pure ci incontriamo, siamo contigui, nelle quali ci troviamo immersi.
Alcuni propendono per l’incuria, altri – a mio giudizio più lungimiranti – per il dolo. Aree che hanno rifiutato il dilagare dell’eolico da pochi giorni e subito dopo vengono rase al suolo dai roghi, altrove zone di potenziale cementificazione la cui natura, vista come impedimento, viene polverizzata in una giornata di fuoco.
Incapaci di ascoltare il grido degli animali uccisi e ustionati, di alberi e macchie che stridono sotto l’assedio. C’è un azzeramento di colore in ciò che resta dopo gli incendi che incarna, a mio giudizio, il livore egemonico di un mondo che estrae e che sprezza, che sporca e brucia perché ha perso il senso del respirare e la cui tremenda metafora è stata proprio la malattia pandemica. Un mondo dal fiato corto” lo definisce Letizia Bindi.
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