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La strada della morte che non ti aspetti: via Vico e l’omicidio di Natale, i dubbi sulla notte di sangue

Una zona desolata di notte, dove Cristian Micatrotta ha incontrato l’uomo che gli ha tolto la vita con una coltellata. Molti i nodi ancora al vaglio degli inquirenti

CAMPOBASSO. Via Giambattista Vico è una strada tutta particolare a Campobasso: frequentatissima e chiassosa di giorno – con il traffico di mezzi da e verso la zona Nord della città e i ragazzi delle scuole che la percorrono sull’asfalto – spettrale di notte. Funziona in effetti così, dopo le 20, verso la chiusura di bar – a valle ce ne sono due – tabacchi e altre attività. Di auto e di gente neanche l’ombra. Ombra notturna che invece pervade l’area asfaltata che si affaccia sulla rotonda che porta in alto, verso il semaforo, a destra verso lo svincolo della tangenziale e a sinistra, girando, verso un’area verde che annuncia un palazzo di recente costruzione.

È in questo contesto di buio e desolazione che si è consumato, intorno alle 23 della notte di Natale, l’omicidio di Cristiano, detto Cristian Micatrotta, 38enne geometra campobassano. Una morte violenta, quella dell’ex portiere del Limosano, appassionato di calcio e grande tifoso dei Lupi. Una sola coltellata avrebbe messo fine alla sua vita.

In carcere è finito Giovanni De Vivo, altro giovane campobassano, un anno in meno della vittima, attualmente detenuto nel carcere di Benevento perché nella casa di reclusione di Campobasso le celle per la quarantena (ogni nuovo ristretto deve farla) sono al momento tutte occupate.

Anche De Vivo giocava a calcio, tanti anni fa anche nelle giovanili del Cus di calcio a 5. Tempo ne è passato da quelle partite alla palestra Sturzo. Il calcio è una passione giovanile che accomuna tutti, poi la vita cambia, cambiano le relazioni, arriva il lavoro, se arriva. Per tutti è la stessa cosa, ma per il giovane campobassano accusato dell’omicidio è arrivata pure un’altra svolta, terribile, nella notte di Natale, quando è sceso di casa, armato di coltello, per incontrare altri giovani come lui.

Le certezze al momento sono tre: un ragazzo in carcere, il cui fermo è stato convalidato, un morto e l’arma del delitto. Tutto il resto è ancora da decifrare. Micatrotta è deceduto a pochi passi dal portone del palazzo in cui risiede De Vivo. Il suo cuore ha smesso di battere mentre i soccorsi lo portavano all’ospedale ‘Cardarelli’.

Alcuni, nella zona, dicono di non aver sentito urla la notte di Natale, altri ipotizzano questioni legate a un modesto quantitativo di droga. Voci di popolo. Per capire cosa è successo prima e durante quel terribile momento bisognerà decifrare il tenore dei messaggi, che poi sarebbero stati cancellati, che le parti si sarebbero inviati prima. Gli smartphone degli altri due uomini presenti quella sera, entrambi già ascoltati, sono stati sequestrati.

Le indagini proseguono e ci sarebbe una persona che avrebbe assistito alla scena dal balcone di casa: un contributo che sarebbe determinante per capire come si sono svolti i fatti, se prima c’è stata una rissa, le persone coinvolte e se si sono udite delle parole.

Tanti i dubbi che assillano la mente di chi conosceva i protagonisti del fatto di sangue. Perché De Vivo è sceso armato? Temeva qualcosa dai tre uomini che lo cercavano? E a parte Micatrotta, con il quale si conosceva, quali erano i rapporti con i due soggetti che lo accompagnavano, al punto da convincerlo a mollare la cena di Natale per scendere in strada? C’erano per caso debiti tra la vittima e l’uomo arrestato o qualcuno degli altri presenti al momento della tragedia? Se sì, legati alla droga o ad altro? De Vivo è stato aggredito e voleva – per quel che può servire per chi gira armato con un coltello da cucina – ‘soltanto’ difendersi? Gli è stata trovata droga in casa, dopo il fermo?

Al di là dei rilievi che potranno essere utili in sede processuale, in una vicenda che come tutte quelle che arrivano davanti alla Corte d’Assise risente di un certo clamore mediatico, segno di questi tempi che spesso sono poco attenti all’analisi, resta la realtà purtroppo incontrovertibile di due famiglie distrutte dal dolore.

Ieri si sono svolte le esequie di Cristian. C’erano i suoi familiari e tanti amici, colleghi di lavoro, compagni di squadra e colleghi di tifo… rossoblù.

Cristian era un uomo di 38 anni, descritto come una persona squisita e sempre sorridente ed è morto al centro della sua città, con uno squarcio nel collo, nella notte di Natale. Qualcosa di tremendo ha scosso la serenità di un capoluogo di regione relativamente tranquillo come Campobasso dove gira tanta droga, è vero, ma dove episodi simili sono per fortuna rarissimi.

mazzi di fiori micatrottaIl vescovo dell’Arcidiocesi di Campobasso-Bojano, Monsignor Giancarlo Bregantini ha indetto una Marcia della Pace per il pomeriggio di domenica 2 gennaio. Un’iniziativa programmata, partendo dalla Chiesa di San Giuseppe alle 15.30. La pace è celebrata con particolare solennità nella festa della Madre di Dio, il primo gennaio di ogni anno, per desiderio di papa Paolo VI. Il tema, quest’anno è “dialogo tra le generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura”.

Sul sito dell’Arcidiocesi si legge, parlando dell’itinerario che si concluderà in Piazza Municipio davanti alla statua di San Giorgio: “Passeremo in via G.B. Vico, sul luogo dove è avvenuto l’omicidio della notte di Natale. Una terra segnata da tanto sangue, per poterlo in certo modo lavare con la nostra presenza, con le nostre lacrime amare, nella consapevolezza che questa morte ha toccato ciascuno di noi, ci riguarda, è un monito per l’intera città. Occorre reagire, in stile sinodale, per vincere l’indifferenza e la paura”. 

Sono parole che lasciano il segno, nella piccola Campobasso, ex città giardino, luogo pacifico, ora improvvisamente al centro di una drammatica vicenda di sangue, dolore e mazzi di fuori attaccati a una ringhiera di una strada trafficata di giorno e deserta di notte.

 

 

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