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Un artista molisano da riscoprire: Alfredo Pizzanelli da Baranello

di Adolfo Stinziani

È da un po’ che scrivo di arte e spesso pubblico per diletto e senza troppe pretese: di certo a monte di questa mia ultima recensione c’è una non facile ricerca documentaria e di opere che non è del tutto completa, ma che è un inizio per riscoprire e valorizzare la figura del pittore Alfredo Pizzanelli.

Questo articolo vuole innanzitutto essere un tributo a uno dei tanti artisti di talento molisani del Novecento caduto negli anni nel più completo oblio, ma anche come una sorta di regalo alla nipote del pittore, Amelia Mosiello di Larino, mia carissima amica.

Il suo autoritratto (foto) del periodo giovanile, mostra appieno lo spirito dell’artista Pizzanelli, senza ombra di dubbio dal carattere solare ed empatico; è la luce che predomina nel dipinto e nondimeno il suo sguardo dolce, il sorriso è accennato ma spontaneo e in primissimo piano tre macchie di vivi colori sottolineano la sua amata professione di pittore.

Nel suo paese nativo ancora oggi si racconta della sua vocazione per la pittura, egli era solito sedere al cavalletto nella piazzetta antistante il palazzo di famiglia per creare i suoi quadri en plain air, tra fanciulli e ragazzi incuriositi da quelle sue apparizioni quotidiane: era questa una novità assoluta nel piccolo borgo molisano sotto il sole del meriggio.

Pizzanelli era nato a Baranello nel 1911 e in realtà la sua prima professione fu quella di fotografo, e la fotografia è senz’altro un’altra forma d’arte. Passa poi alla pittura nel periodo della Seconda guerra mondiale quando conosce, e pare se ne innamori, una pittrice russa che passa nel suo paese.

Il suo esordio preannuncia una lunga e attiva carriera che lo seguirà fino alla sua scomparsa. Nel 1954 per le sue capacità è nominato membro della Columbian Academy di Saint Louis nel Missouri.

Io ho avuto il piacere di visionare personalmente una delle sue prime opere appartenenti al periodo figurativo, siamo negli anni ’50, e in particolare una natura morta con volatili e uova, ora in collezione privata, che è stata realizzata come regalo di nozze per una nipote del pittore (foto).

Il dipinto ad olio con cornice è di fattura pregevole, ben conservato con i suoi colori ancora vivi, e non va considerato come una semplice natura morta da appendere alle pareti del tinello. In effetti, dietro questa composizione ben calibrata nelle forme e nei colori, nella disposizione della cacciagione, tra cui compaiono anche degli splendidi fagiani, è chiaro  in primissimo piano sulla destra l’uovo, così come nel complesso dell’olio il riferimento all’abbondanza, alla prosperità, alla vita che si perpetua ogni volta nella rinascita, ed è in esso insito l’augurio sincero e affettuoso dell’artista agli sposi novelli.

Le prime partecipazioni a mostre d’arte del pittore appartengono a questo genere figurativo, con ‘L’Arlecchino’ partecipa al premio Bergamo, nel 1956 è presente alla VIII Quadriennale romana e alla VII Quadriennale nazionale di Termoli. La sua ricerca lo porta per gradi dal figurativo all’astratto, ma prima di abbandonarlo definitivamente esegue una serie di collages di carattere neocubista per poi preferire l’informale degli anni ’60. Sempre in attività, fino al suo decesso nell’ospedale di Pozzilli nel 1981, partecipa a diverse mostre collettive tra cui la Mostra nazionale di Torino, la III Biennale a L’Aquila e nel 1962 arriva ad esporre a New York. Molte delle sue opere purtroppo sono scomparse, diverse appartengono a collezioni private o di famiglia e alcune si trovano in Germania e negli U.S.A.

Alfredo Pizzanelli nel suo periodo informale si esprime con diversi materiali (sabbia, pietrisco e colla mescolati al colore), la sua è la cosiddetta “arte povera” che guarda al più noto Alberto Burri. Agli inizi degli anni ’60 risalgono due opere in polistirolo: Crosta selenica e Opera n.9, una sorta di sculture “forgiate” dal fuoco che hanno un notevole impatto visivo ed emozionale (foto).

Queste due opere assieme alla tela “Per te si diventa tale” (1969) fanno parte della collezione del Museo di Arte Contemporanea di Termoli. La tela che già nel titolo evoca il personale stato d’animo dell’artista, e precisamente un disagio, va sicuramente interpretata  a livello più ampio come la condizione e il particolare disagio dell’uomo moderno (foto).

Dal fondo nero emergono diverse figure tra cui un uomo intento a suonare allegramente una chitarra e la faccia di un uomo con una maschera nera che fuma una sigaretta; diverse sono le facce, gli stati d’animo e gli atteggiamenti dell’uomo già di pirandelliana memoria che è nell’aspetto uno, ma non esclude la sua parte nulla e quella dai centomila volti. Una croce rossa segna tutta la tela ribadendo chiaramente un disagio esistenziale che l’artista e l’uomo  vorrebbero annullare.

Alfredo Pizzanelli è stato un artista molto sensibile e creativo, sempre pronto a seguire le varie tendenze artistiche del suo tempo e a caricarle di un suo personalissimo segno, egli arricchisce il panorama dei grandi talenti cui la nostra piccola e povera regione ha dato i natali e che andrebbe, come mi sono proposto di farlo, riscoperto e valorizzato. Il settore dell’arte è da sempre un mondo a sé, anche se vario e ricco di artisti, purtroppo oggigiorno si guarda più che al valore artistico delle opere, in primis alla figura dell’artista e al suo nome ma decisamente ha più peso ciò che “sentenziano” i critici d’arte e la risposta delle promozioni multimediali.

In un noto romanzo tedesco degli inizi del ‘900 il protagonista riflette sulla sua vita e sulla sua professione di artista, egli veste più precisamente le vesti da clown per vivere, e dopo tanti successi e altrettanti delusioni, in una riga del libro-autobiografia lascia la sua sofferta ma reale opinione, sebbene da clown, che l’arte o è pagata troppo o è pagata toppo poco.

Pasquale

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