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Crac Ittierre, sconto di pena per Tonino Perna

Ridotta in Appello a due anni e mezzo la condanna di primo grado a 7 anni. Assolto da ogni accusa l’ex Ad Maurizio Negro


CAMPOBASSO. Consistente sconto di pena in Corte d’Appello, a Campobasso, per Tonino Perna, ex presidente Ittierre, alla sbarra con l’ex amministratore delegato Maurizio Negro.

Smontati i capi d’accusa: alla fine, la condanna è stata ridotta a due anni e sei mesi, per due capi d’accusa relativi alla società P.A., rispetto ai sette anni del primo grado. Maurizio Negro, l’ex Ad condannato a sei anni in primo grado, è stato invece assolto da ogni capo d’accusa. Riduzioni di pena anche per gli altri tre imputati, Giorgio Bassi, undici mesi, Andrea Manghi e Franco Orlandi, due anni. Per tutti attenuanti generiche e niente aggravanti.

Marco Franco, difensore di Perna, si è detto fiducioso nella Cassazione per arrivare al totale proscioglimento dell’ex presidente dell’Ittierre. Già quando commentò la prima dura sentenza del tribunale di Isernia, sottolineò come, a parte l’entità della pena, che non trovava a suo dire alcuna giustificazione, ancora una volta l’impianto accusatorio iniziale, laddove si confronta con un giudice di merito, viene puntualmente demolito. Perna infatti, già in primo grado, era stato assolto da otto capi di imputazione.

L’inchiesta ‘Alta moda’ inizia nel 2012, quando il Cavalier Perna viene clamorosamente arrestato dalla Guardia di Finanza, finendo in carcere per 18 giorni. Una notizia che fece il giro del mondo visto ciò che aveva rappresentato l’Ittierre nel campo della moda e del luxury, fino a quel momento. Le indagini, ad essere precisi, cominciarono già nel 2009, dopo l’insediamento della triade di commissari governativi Stanislao Chimenti, Andrea Ciccoli e Roberto Spada e l’inizio dell’amministrazione straordinaria.

Per la procura, Perna aveva messo in campo, in maniera reiterata, operazioni commerciali antieconomiche, ovvero per nulla a vantaggio della società It Holding, ma solo per scopi personali. Il tutto attraverso il sistema delle cosiddette ‘scatole cinesi’, complessi apparati societari finalizzati a distrarre e occultare beni e risorse. Sistema che aveva condotto gli inquirenti a monitorare società con sedi alle isole Cayman, alle Isole Vergini e in Lussemburgo.

Sin dallo scoppio del caso, l’ex re della moda aveva sempre negato le accuse a suo carico, dichiarando ai giudici di aver “agito nell’interesse esclusivo dell’azienda”, forte delle motivazioni addotte dai giudici del tribunale del Riesame di Campobasso – che lo aveva rimesso in libertà – e confermate della Cassazione al momento della sua scarcerazione. In 14 pagine i giudici di Campobasso parlarono di “basi debolissime” dell’inchiesta, “assunti errati” e “metodi sbagliati”. Per il Riesame, Perna non doveva finire in carcere e il giudice per le indagini preliminari non avrebbe nemmeno motivato le esigenze cautelari. Otto anni dopo, il 25 settembre 2020, la pesante sentenza di primo grado che vide il re della moda condannato a sette anni di reclusione, più interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Pietro

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