Coldiretti: stalle a rischio chiusura causa costi di produzione e carenza mangimi

L’appello per un accordo etico tra tutti gli attori della filiera


CAMPOBASSO. In Molise gli allevatori stanno vendendo i bovini da latte per ridurre i costi di gestione. A denunciarlo è Coldiretti Molise, che evidenzia come il numero di animali presenti nei circa 1.500 allevamenti della regione, di cui circa l’80 per cento zootecnici, è sceso del 50 per cento negli ultimi 5 anni. Oggi in Italia oltre 1 stalla su 10 versa in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività e ciò a causa dell’aumento dei costi causati delle speculazioni in atto a seguito dell’emergenza Covid e della guerra in Ucraina.

Uno scenario a tinte fosche, quello descritto da Coldiretti Molise, causato dall’effetto congiunto dell’aumento dei costi energetici e dei mangimi, come mais e soia, che stentano ad arrivare dall’estero, con il settore dei bovini da latte che ha subito incrementi di costi pari al 57 per cento. Gli allevamenti sono dunque costretti a lavorare con prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione.

“L’adeguamento dei compensi è dunque necessario per salvare le  stalle da latte sopravvissute al Covid e alle speculazioni causate dal conflitto in Ucraina – ribadisce Coldiretti Molise – a cui va garantita la stabilità vista la loro importanza per l’economia regionale, ma anche per la loro rilevanza sociale e ambientale. Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori, specie in zone svantaggiate”.

La carenza di mais e soia, con le speculazioni in atto che hanno fatto schizzare i prezzi delle scorte – denuncia ancora Coldiretti Molise – sta mettendo in ginocchio gli allevatori molisani, ma sta mettendo in crisi anche i caseifici. Gli allevatori oggi devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40 per cento) e dell’energia (+70 per cento) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili. Infatti, all’aumento dei costi di produzione non corrisponde la giusta remunerazione del latte, quando per poter pagare un caffè al bar – ricorda Coldiretti – gli allevatori molisani devono mungere tre litri di latte pagati solo qualche decina di centesimi alla stalla, ben al di sotto dei costi di produzione”.

“Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse – spiega Coldiretti Molise – raggiunge circa 0,55 euro al litro alla stalla; un costo molto superiore rispetto al prezzo riconosciuto a una larga fascia di allevatori. Per questo è urgente un vero e proprio accordo etico tra allevatori e trasformatori per una filiera integrata dalla stalla alla tavola, atto a garantire la sopravvivenza della ‘Fattoria Molise’ che produce latte per fare formaggi stagionati eccellenti, come anche  mozzarelle e prodotti freschi”.

Bisogna intervenire per contenere il caro energia e i costi di produzione con interventi immediati per salvare aziende, stalle e sistema della trasformazione, con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. “Ma – conclude Coldiretti Molise – occorre anche investire per aumentare la coltivazione di produzioni per l’alimentazione degli animali e le rese dei terreni, con un sistema efficiente di distribuzione delle risorse idriche gestito dai Consorzi di Bonifica, i quali vanno messi in condizione di operare. Necessaria pure la realizzazione di bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità”.

In ultimo, ma non per importanza, Coldiretti Molise torna a denunciare con forza l’esigenza di  contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo, in molte aree del nostro territorio, gli imprenditori all’abbandono delle attività sui terreni. Una problematica divenuta ormai emergenza, che si potrà risolvere solo con la modifica della Legge 157/92 sulla protezione della fauna selvatica e il riconoscimento del cinghiale come specie ‘aliena’, dannosa per lo stesso ambiente oltre che per la sicurezza dei cittadini.