CAMPOBASSO. “Aspettiamo le motivazioni della sentenza, ma posso anticipare fin d’ora che presenteremo appello”.
Queste le parole di Giuseppe Fazio, avvocato difensore dell’ex direttore generale dell’Asrem Angelo Percopo, condannato a 4 anni per concussione nell’ambito del processo denominato ‘Sistema Iorio’ insieme all’ex editore del giornale ‘La Gazzetta del Molise’ Ignazio Annunziata, condannato a 12 anni.
Parole, quelle del legale del Foro di Campobasso, che arrivano all’indomani della sentenza, pronunciata dal Collegio penale del Tribunale di Campobasso presieduto da Salvatore Casiello, con i giudici a latere Gian Piero Scarlato e Roberta D’Onofrio.
Procedimento che ha portato all’assoluzione di 14 dei 16 imputati, tra cui l’ex governatore Michele Iorio. Gli episodi contestati si riferivano a una decina di anni fa quando Iorio era ancora presidente della Regione; l’inchiesta fu chiusa nel 2014 e il processo iniziò alla fine del 2016. Tra le persone coinvolte c’erano politici, imprenditori, giornalisti, editori e funzionari pubblici.
In un unico fascicolo, da decine di migliaia di pagine, confluirono vicende diverse che avevano come legame la figura dell’ex presidente Iorio. Erano una quindicina i reati contestati a vario titolo, diversi da indagato ad indagato. Tra questi corruzione, concussione, abuso d’ufficio, peculato, falsità materiale e ideologica, estorsione, violenza privata, bancarotta e ricettazione. Oltre ai verdetti di assoluzione e condanna i giudici hanno dichiarato il non luogo a procedere per Manuela Petescia e Quintino Pallante, in quanto i reati a loro contestati sono stati derubricati e prescritti.
Le motivazioni della sentenza si conosceranno entro 90 giorni. Motivazioni attese proprio dagli avvocati difensori. “Non comprendo le ragioni che hanno indotto il collegio a condannare Percopo per un reato come quello di concussione – ha precisato Giuseppe Fazio – come ho sempre detto le sentenze non si contestano e si rispettano. Ma proprio perché non ci è chiara la logica del dispositivo procederemo di certo con l’impugnativa davanti alla Corte d’Appello”.
C.S.
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