Senza ulteriori interventi da parte del nuovo Governo si torna alla legge Fornero. Ma ci sono altre strade da percorrere


ROMA. Con la fine del 2022 arriva a termine la cosiddetta ‘Quota 102’ relativamente al pensionamento degli italiani. E lo spettro della legge Fornero torna ad aleggiare, a meno che il nuovo Governo post-Draghi non ponga in essere ulteriori interventi per consentire l’uscita anticipata dal lavoro prima dei 67 anni.

Infatti, la norma pensata all’origine dalla nota economista del ‘fu’ Governo Monti prevede l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni e uscita anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne).

Attualmente, invece, Quota 102 (misura ponte dopo l’addio a Quota 100) prevede la possibilità di lasciare il lavoro al raggiungimento dei 64 anni d’età con almeno 38 anni ci contributi, ovvero 3 anni prima del necessario per la pensione di vecchiaia.

Con la ‘caduta’ di Draghi consumatasi solo qualche giorno fa, difficilmente il nuovo esecutivo – osserva SkyTg24 – potrà mettere a punto la riforma delle pensioni entro l’anno, quindi potrebbe procedere ad una proroga temporanea di Quota 102 o a una conferma definitiva della norma. Potrebbe altresì lasciare per il 2023 la cosiddetta ‘Opzione Donna’, che permette alle sole donne la possibilità di andare in pensione prima del tempo, a patto di optare per una rendita interamente calcolata con il meno favorevole metodo contributivo.

Poi c’è il contratto di espansione – si legge – che dal 1° gennaio 2022 è stato esteso fino alla fine del 2023. Si tratta di una forma di accompagnamento all’uscita dal lavoro che consente, previo accordo tra azienda e sindacati, di mandare in pensione su base volontaria i lavoratori fino a 5 anni prima dei normali requisiti. La proroga ha inoltre introdotto una modica sostanziale includendo nel contratto anche le aziende medio-piccole con almeno 50 dipendenti, mentre il contratto di espansione del 2019 riguardava solo le imprese con almeno 1.000 dipendenti. Con il contratto di espansione, il calcolo dell’indennità mensile, per 13 mensilità, verrà fatto dall’Inps, in base al trattamento pensionistico lordo maturato al momento della cessazione del rapporto di lavoro. L’importo dell’assegno è decurtato della Naspi che sarebbe spettata al lavoratore.

Infine, la legge di Bilancio 2021 ha stanziato 200 milioni di euro per il 2023 e altrettanti per il 2024 per le aziende piccole e medie in crisi che vogliano avviare un piano di uscita anticipata dal lavoro per i loro dipendenti con un assegno “ponte” fino al raggiungimento dei requisiti regolari.

I requisiti per le aziende sono aver registrato una diminuzione media del fatturato del 30% rispetto alla media del 2019, nei 12 mesi precedenti alla richiesta. I lavoratori, invece, possono chiedere l’uscita anticipata al massimo di tre anni.