Intervista con il maestro del teatro dei burattini che ieri ha ricevuto la settima cittadinanza onoraria: “Posso dire che è la più sentita. Sono arrivato qui che avevo 15 anni. Una volta feci 13 spettacoli di fila. Poi rivela un simpatico aneddoto con il celebre attore e commediografo napoletano: “Ci disse di aver preso le nostre battute per il ‘suo’ Pappagone”.


di Maurizio Cavaliere

“E’ la settima cittadinanza onoraria per noi Ferraiolo, ma credo di poter dire che sia la più sentita perché io, davvero, mi sento campobassano”. Parole dolci come lo zucchero filato che accompagna da sempre i loro spettacoli. Adriano Ferraiolo è emozionato: l’arte di famiglia, quella del teatro dei burattini, ha formato un connubio indissolubile con la città di Campobasso. Dagli anni Sessanta a oggi Adriano (e i suoi eredi) incarnano un fenomeno culturale e sociale che non accenna a imbiancare, contrariamente ai suoi capelli, nemmeno nell’epoca di social, cellulari e playstation. I bambini riempiono il teatro all’aperto di piazza Municipio ora come sessant’anni fa.

A margine della bella giornata di ieri, che segna una specie di risposta appassionata di Campobasso al contributo che i Ferraiolo hanno dato al radicamento di una sentita tradizione popolare, abbiamo intervistato Adriano Ferraiolo. Volevamo ascoltare la sua viva voce e dirgli grazie, naturalmente. Lo abbiamo incontrato proprio in piazza Municipio: sullo sfondo il teatrino, vivo come sempre, e la voce registrata di Adriano che impersona Pulcinella e tutti gli altri burattini: “Perché i miei figli vogliono che sia ancora io a farli parlare”.

Oggi Adriano ha 78 anni e lavora ancora tanto: “Lo farò fino a quando potrò, ancora per un po’, poi ci penseranno i miei figli e i miei nipoti.

“Da due tre anni combatto con l’ormai cronica carenza di cartilagine delle mie spalle – prosegue – Quest’anno ho dovuto fare non una ma due infiltrazioni, altrimenti il dolore sarebbe stato forte” ci ha confidato quando gli abbiamo chiesto dello sforzo non solo vocale ma pure fisico per tenere le braccia perennemente in alto a sostegno di burattini.

“Campobasso per me rappresenta tanto – ha detto ancora – Sono arrivato qui a 15 anni, spero di ritornarci per almeno altri 78…” ride. Presi le redini in mano nel 1960, prima tappa Salerno, la città dove vivo, seconda tappa Campobasso. Venivo nel periodo del Corpus Domini. Ricordo una di quelle sere, avevo fatto già 12 spettacoli e mio padre mi chiese: ‘Te la senti bell’ e papà di fare un altro spettacolo?’. Non avevo più un filo di voce ma risposi di sì e lo feci, anche perché erano anni di crisi in cui si lavorava per mettere farina nel sacco per l’inverno”.

Gli abbiamo infine chiesto delle fantastiche battute ormai finite a pieno titolo nel nostro patrimonio collettivo: ‘Mannaggia alla morte ‘mbriaca’ oppure ‘inbeciullo’ o ancora ‘aspetta un mo(nu)mento’. “Sono frutto della fantasia di mio nonno” ha risposto, prima di tirare fuori l’ennesimo bellissimo aneddoto: “Fummo invitati a Roma da Peppino De Filippo. Mio padre non potè venire perché non stava bene, andammo quindi io e mio fratello. Peppino teneva tantissimo a incontrare mio padre, perché voleva dirgli di aver ‘rubato’ parecchie battute dei nostri spettacoli per fare il suo ‘Pappagone’. Mio padre, saputo delle parole di De Filippo ci disse che avremmo dovuto eliminare quelle battute, altrimenti la gente avrebbe pensato che eravamo stati noi a ‘rubarle’ a Peppino”. Altri tempi.

Il caso vuole che la nostra video intervista finisca proprio mentre, 50 metri più avanti, termina lo spettacolo dei burattini. Magicamente, si fondono i saluti diretti di Adriano Ferraiolo per noi e quelli del teatro dei burattini per i bimbi di ieri, di oggi e di domani. Una meraviglia che ci emoziona e un po’ ci rende felici, come tanto tempo fa nello stesso angolo di piazza Municipio, tra una ‘trovata’ di quel simpatico eroe popolare che si chiama Pulcinella e l’appiccicosa immersione in una nuvola di zucchero filato.