Fibromialgia, 26mila euro al Molise. Manzo (M5s): subito i progetti per impiegarli

La consigliera regionale del M5s aveva presentato un’interrogazione in Consiglio regionale. Tanti pazienti costretti ancora ai ‘viaggi della speranza’


CAMPOBASSO. Fibromialgia, ci sono i fondi ma vanno utilizzati. Cinque milioni di euro, destinati dalla legge di Bilancio della passata legislatura allo studio della malattia e delle sue possibili cure, come ha evidenziato la consigliera regionale del M5s Patrizia Manzo. 

“Una somma non rilevante ma che consente, per la prima volta, di sostenere le azioni utili al riconoscimento della sindrome fibromialgica – le sue parole – Cinque milioni che poi sono stati ripartiti fra le Regioni: al Molise è andata  una quota di poco più di 26mila euro, destinata a “sensibilizzare le strutture sanitarie nell’organizzazione di percorsi terapeutici e riabilitativi di cura e di diagnosi per le persone affette da fibromialgia anche mediante interventi formativi specifici, nonché nell’attività di studio della stessa Tale somma è stata accertata con determinazione del 28 dicembre 2022 e il giorno successivo,  il Servizio regionale di programmazione della rete ospedaliera e dell’assistenza specialistica ambulatoriale, ha impegnato tale disponibilità economica per gli adempimenti conseguenti. Bene, ma non benissimo”

 “Ho inteso chiedere, con una interrogazione, chiarimenti al presidente della Giunta regionale circa il suo utilizzo. Perché nella determinazione non si fa cenno alcuno a progetti concreti – ha rimarcato Manzo – Solo qualche mese fa, in Consiglio regionale, è stata discussa una mia interpellanza  nella quale evidenziavo come la fibromialgia sia oggettivamente una malattia ad elevato impatto sociale e sanitario, per la quale è necessario un percorso di informazione, educazione e divulgazione nei confronti dei cittadini molisani e degli enti preposti. La mancata diagnosi e l’assenza di protocolli diagnostici condivisi costringono troppo spesso i malati e i loro familiari ai viaggi della speranza che credevamo un retaggio del passato ma che, purtroppo, sono ancora quotidianità per migliaia di pazienti”.

 “Finalmente – ancora le sue parole – quindi, si potrà procedere – utilizzando questa somma che di certo non sarà bastevole per affrontare lo studio della fibromialgia – quantomeno alla formazione specifica dei sanitari che potranno ‘riconoscerla’ in tempi diversi da quelli che caratterizzano troppo spesso le diagnosi  e quindi darle il giusto nome e la terapia migliore. Le cronache sono piene zeppe di storie di mancate diagnosi, di anni passati a cercare di capire la patologia di cui soffrono almeno 2 milioni di italiani, nella stragrande maggioranza donne e non solo di età adulta”.

“Migliaia di vite, anche nella nostra regione, per le quali è compromesso lo svolgimento di normali attività quotidiane, nelle quali irrompe la fibromialgia – che il più delle volte non viene riconosciuta e, anzi, viene confusa con altro – e impatta negativamente sulla maggior parte degli aspetti legati alla qualità dell’esistenza. Le cause di tale patologia -ha puntualizzato la pentastellata – non sono chiare, così come la sua valutazione clinica e anche per questo motivo, la fibromialgia non rientra tra le malattie invalidanti riconosciute dall’Inps e, nonostante il percorso annunciato dall’allora ministro Speranza per il suo riconoscimento nei Lea, non prevede alcuna esenzione”.

“Il che significa che ogni centesimo speso per curarsi, farsi visitare, acquistare farmaci è a carico di chi ne soffre. Quell’emendamento che ha appostato 5 milioni di euro per consentire la formazione specifica di medici e lo studio della patologia rimane ad oggi l’unico fondo destinato alla diagnosi e alla cura di questa malattia in Italia. Diagnosticarla, come sa bene chi ne soffre, è estremamente complesso in quanto molti sintomi sono aspecifici e possono mimare le presentazioni cliniche di altre condizioni patologiche. Inoltre, non sono disponibili test di laboratorio specifici che consentano di confermare la diagnosi di fibromialgia. Per questo e per mille altri motivi che attengono il diritto di chi ne soffre di essere curato con tempestività senza, possibilmente, recarsi fuori dalla propria città o regione, quei fondi rappresentano un primo e importante passo in avanti”.

“Ma come saranno utilizzati, quale progetto (se esiste) sarà concretizzato per dare adeguata formazione a chi dovrà riconoscere quei sintomi, dare loro il nome corretto così da sostenere il paziente che si rivolge alla struttura pubblica? E, soprattutto, con quali professionalità si potrà realizzare questa formazione vista la cronica e sempre più preoccupante carenza di medici, di operatori sanitari e perfino di amministrativi che caratterizza le strutture ospedaliere? Il dubbio che questa somma resti chiusa in un cassetto è elevato: è già successo con i fondi destinati alle mamme che devono ricorrere al latte artificiale, tanto per dirne una. L’impegno ‘ufficiale’ dei 26mila euro – ha concluso Patrizia Manzo – potrebbe essere solo un atto dovuto e il rischio che la formazione del personale chiamato a riconoscere la sindrome fibromialgica resti solo su carta è purtroppo concreto e reale”.