HomeNotizieCRONACAOmicidio Micatrotta, in Aula la ricostruzione del testimone oculare

Omicidio Micatrotta, in Aula la ricostruzione del testimone oculare

Il racconto di Di Mario. Madonna si è avvalso della facoltà di non rispondere. Prossima udienza il 28 aprile


di Enrico Fazio

CAMPOBASSO. È ripreso questa mattina presso il Tribunale di Campobasso il processo a carico di Gianni De Vivo, unico imputato per la morte di Cristiano Micatrotta, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. I fatti risalgono alla notte tra il 24 e il 25 dicembre 2021, quando il geometra 38enne ha perso la vita a causa di una coltellata in via Giambattista Vico, a pochi metri dal Terminal bus del capoluogo.

In aula il giudice Salvatore Casiello, il giudice a latere Federica Adele Deisanti e i giudici popolari, la pubblica accusa rappresentata dal pm Elisa Sabusco, gli avvocati di parte civile, Fabio Albino, Domenico Fiorda e Roberto D’Aloisio, e i legali di De Vivo, Mariano Prencipe e Giuseppe Stellato.

L’attesa per l’udienza di oggi era tutta sui testimoni oculari, Giuseppe Di Mario e Alessio Madonna, che insieme alla vittima si recarono sotto casa di De Vivo quella sera. Mentre il primo ha ricostruito la dinamica dell’accaduto, Madonna si è avvalso della facoltà di non rispondere.

“Non sarei dovuto uscire con loro quella sera – racconta Di Mario – Alessio (Madonna) mi ha mandato un messaggio in cui mi spiegava delle continue minacce telefoniche, destinate anche a Cristiano (Micatrotta), ricevute da parte di De Vivo, che si sentiva vittima di un imbroglio da 50 euro”.

Al centro della disputa dunque la cessione di sostanze stupefacenti. Secondo la testimonianza, Madonna e Micatrotta sarebbero andati a prendere Di Mario dicendogli di aver organizzato un incontro proprio con De Vivo.

“Il mio obiettivo era quello di placare gli animi dal momento che erano giorni di festa. Non sapevo che saremmo andati sotto casa di De Vivo. Una volta arrivati, è iniziata una colluttazione tra Madonna e De Vivo. Micatrotta li ha divisi. Una volta di fronte a De Vivo, quest’ultimo lo ha colpito all’altezza del viso.

Solo una volta che Cristiano si è girato ho visto che aveva un coltello, che ha subito rimosso gettandolo a terra, conficcato in gola. Quando si è accasciato è stato soccorso da Madonna, mentre io ho iniziato a spintonare via De Vivo e a chiamare ambulanza e 112. Successivamente ho anche chiamato il fratello di De Vivo, dal momento che conosco bene la sua famiglia. È stata una questione di attimi”.

Dopo che Alessio Madonna si è avvalso della facoltà di non rispondere (coinvolto nello stesso procedimento, per il reato di rissa, dal quale è scaturita anche una condanna, ma anche come parte offesa nel procedimento per omicidio) sono stati ascoltati dalla corte i carabinieri Pasquale Brunetti, Giuliano Chiarizia e Andrea Manzo. Il primo, occupatosi dell’analisi dei tabulati telefonici, ha evidenziato ben 68 chiamate di De Vivo destinate a Madonna dalle 21.45 del 24 dicembre fino al tragico epilogo, intorno alle 22.50 della stessa sera.

In aula si è discusso anche del mancato sequestro della felpa che l’imputato indossava al momento del fatto. Una svista, quella dei carabinieri, che però non dovrebbe pesare sull’esito del processo.

“L’istruttoria sta procedendo in tempi rapidissimi e in maniera regolare. I testimoni sentiti oggi hanno fornito ulteriori elementi per l’accertamento dei fatti. Mi sembra che la responsabilità si stia delineando in maniera inequivocabile. È stato poi rilevato che non è stato effettuato il sequestro di uno degli indumenti della sera del delitto. Ma per noi la responsabilità pare acclarata” il commento dell’avvocato che come parte civile assiste i genitori e le sorelle della vittima, Roberto D’Aloisio.

“Il testimone ha assistito a tutta la vicenda ed è venuto a ricostruirla in maniera dettagliata” ha proseguito l’avvocato di parte civile Fabio Albino.

Sulle chiamate insistenti di De Vivo a Madonna è intervenuto il legale Domenico Fiorda che rappresenta i fratelli e la compagna della vittima: “Oggi è emerso che si trattava di chiamate a carattere provocatorio e minaccioso da parte dell’imputato”.

“Non c’è prova delle minacce. Anche il testimone Di Mario non le ha mai viste” ha affermato l’avvocato di De Vivo Mariano Prencipe.

Prossima udienza venerdì 28 aprile.

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