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Spaccio di cocaina con metodo mafioso: quattro condanne

Pene dai 2 ai 6 anni, nel processo con rito abbreviato tenuto dal Gup del Tribunale di Campobasso


CAMPOBASSO. Operazione ‘Vesuvio’, dopo una lunga camera di consiglio, il gup del Tribunale di Campobasso ha emesso, al termine del giudizio svoltosi con rito abbreviato, sentenza di condanna a carico dei quattro imputati coinvolti nell’inchiesta.

Le pene comminate a tre dei quattro soggetti, tutti residenti in provincia di Napoli, imputati di fatti di estorsione aggravata dal cosiddetto ‘metodo mafioso’ e dall’uso di armi, nonché di spaccio di cocaina per un quantitativo complessivo di circa 5 chili sono state ricomprese tra i sei anni e cinque mesi ai sei anni e tre mesi di reclusione. Al quarto imputato, nei cui confronti si procedeva soltanto per spaccio di stupefacenti, è stata invece comminata una pena di anni 2 e mesi otto di reclusione.

In particolare, chiarisce il procuratore Nicola D’Angelo, i primi tre soggetti sopra indicati furono tratti in arresto – da personale del G.ico. della Guardia di Finanza di Campobasso e del Nucleo Investigative del Comando Provinciale Carabinieri di Campobasso in esecuzione di ordinanza applicativa di misure coercitive custodiali in carcere emessa dal Gip

L’indagine, da cui è scaturita la sentenza, costituì il naturale sviluppo dell’operazione del 20 maggio 2020, all’epoca denominata ‘Piazza Pulita’, condotta dalle stesse forze di Polizia. Quest’ultima vicenda, già al vaglio della Magistratura Giudicante (con diverse condanne già confermate in appello), portò all’esecuzione di 39 misure cautelari personali, nonché al sequestro preventivo di beni mobili ed immobili ed aziende, per un valore di oltre un milione di euro. Alcuni mesi dopo l’esecuzione di tali misure, il capo di uno dei sodalizi investigati – ovverosia il soggetto da ultimo condannato dal Gup di Campobasso per i soli fatti di spaccio – ha collaborato con la giustizia, così disvelando i traffici delittuosi inerenti gli stupefacenti che lo hanno riguardato nel periodo di tempo tra la conclusione delle indagini di ‘Piazza Pulita”’ed il suo materiale arresto.

Già nella precedente attività era emerso come esponenti della camorra avevano portato in Bojano importanti quantitativi di cocaina ed hashish poi rivenduti sul mercato locale. Nella successiva inchiesta, culminata nella sentenza dello scorso mercoledì, sono emersi ulteriori e gravi episodi criminosi legati alla presenza, in regione, di soggetti vicini al clan camorristico Sautto-Ciccarelli.

Secondo la ricostruzione fatta da ultimo dal gup di Campobasso, costoro, giovandosi della fama criminale del clan, che ostentavano muovendosi in gruppo e palesemente armati, hanno imposto al futuro collaboratore di giustizia continui rifornimenti di cocaina in maniera esclusiva, dettandogli altresì, in termini stringenti, quantità, prezzi e tempistica degli approvvigionamenti.

Nella vicenda processuale si è riscontrato ancora una volta come il consumo locale di sostanze stupefacenti abbia catalizzato l’attenzione di gruppi legati a clan mafiosi, in questo caso campani, interessati ed essere presenti in regione per lucrare sul giro di affari che da tale fenomeno scaturisce. Nel caso di specie i 5 chili di cocaina movimentati tra Boiano e dintorni, nell’arco di 8 mesi, hanno determinato un movimento di affari pari a circa 500mila euro.

“Tutte le preoccupazioni più volte palesate da questa Procura – chiarisce D’Angelo – a margine di indagini concernenti furti, rapine, estorsioni e condotte violente che possono condurre anche a gravi fatti di sangue e che nascono nel mondo delle sostanze stupefacenti si confermano, con la recente sentenza del Tribunale di Campobasso, anche rispetto alla penetrazione in regione di esponenti della criminalità organizzata dalla limitrofa regione Campania dove, purtroppo, tale fenomeno è endemico e si è sviluppato in tutte le sue peggiori articolazioni, aggredendo i settori economici ed i principali diritti dei cittadini. Il suddetto pronunciamento giurisdizionale non ha carattere di giudicato, poiché avverso lo stesso, gli imputati, che secondo quanto previsto dall’art. 27 della Costituzione non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva, potranno proporre gli appelli ed i ricorsi previsti dal codice di rito”.

Carmen

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