Uno sguardo critico al fenomeno dello spopolamento, con le proposte di ricerca della Fondazione Magna Carta: tutelare il welfare, rendere più dinamico il mercato del lavoro rimettendo in moto l’ascensore sociale e affrontare le grandi questioni legate alla gestione della Terza Età


di Leonardo Accardi

ISERNIA. L’Italia affronta da tempo una crisi demografica che colpisce soprattutto le aree svantaggiate del Paese. Il declino della popolazione e l’invecchiamento delle comunità costituiscono una sfida cruciale per il futuro dell’Italia, nonché per il suo patrimonio culturale, sociale ed economico. Il fenomeno è particolarmente evidente nelle aree interne, categoria in cui rientrano, per esempio, Isernia e la sua provincia.

Dai dati Istat, in generale nel Paese e in particolare nelle aree in questione, si ravvisa una diminuzione del tasso di natalità e dell’aumento dell’aspettativa di vita. L’invecchiamento della popolazione si manifesta in modo particolare lontano dai grandi centri. Parallelamente a questo processo, emerge una crescente tendenza all’abbandono delle aree interne, con i giovani che emigrano verso le città e le regioni più sviluppate in cerca di opportunità lavorative e di una vita migliore. Questo fenomeno di spopolamento mette a dura prova la sostenibilità delle piccole comunità e la conservazione delle tradizioni e dei valori locali.

Isernia e provincia non fanno eccezione

Ma qual è la situazione a Isernia? Secondo le rilevazioni di Istat ed Eurostat, tra il 2016 e il 2020 la popolazione provinciale è diminuita del 5,77%. Nel capoluogo, invece, del 3,98%. Ciò significa, che nel resto della provincia il decremento è stato ancora maggiore: -6,38%. Questi dati non possono che destare estrema preoccupazione.

Non è un caso che il 9 marzo, infatti, un pool di imprenditori e artigiani di Agnone abbia lanciato l’allarme con un comunicato pubblicato da L’Eco dell’Alto Molise “dalla creazione della Regione e Provincia di Isernia, Agnone è l’unico centro di una certa grandezza che ha subito l’inarrestabile decremento della popolazione”. Dal 1951 al 2021, infatti, Agnone ha perso il 51,05% della popolazione. Come nel caso di molte realtà abruzzesi, si è verificato un fenomeno di spopolamento delle aree interne a cui è corrisposta una maggiore concentrazione nelle aree costiere. San Salvo lo dimostra plasticamente: nello stesso periodo la popolazione è cresciuta quasi del 474%.

Questo fenomeno comporta problemi enormi di natura economica, quindi anche in termini di attrazione del capitale umano. Anche dal punto di vista politico si crea un problema. Un territorio meno popolato è meno significativo per la politica. Ne conseguenze che gli investimenti sul territorio saranno sempre minori. Quali sono i rischi nel caso di disastri naturali come alluvioni e terremoti?  Com’è evidente, i problemi sono indissolubilmente legati.

Fondazione Magna Carta e le cause profonde del declino demografico

È imperativo chiedersi quali siano le cause profonde del declino demografico, prima di decidere come agire dal punto di vista delle policy. Per questo motivo, la Fondazione Magna Carta ha lanciato la ricerca Per una Primavera demografica, con testimonial di eccezione come il cantautore Al Bano, la campionessa olimpica di scherma Elisa Di Francisca e la conduttrice televisiva Monica Marangoni.

“In Italia dobbiamo invertire il trend demografico negativo per tutelare il welfare, per rendere più dinamico il mercato del lavoro rimettendo in moto l’ascensore sociale e per affrontare le grandi questioni legate alla gestione della Terza Età”, spiega Gaetano Quagliariello, Presidente della Fondazione Magna Carta. Anche perché i modelli positivi, guardando ad altri Stati europei come Francia e Germania, non mancano.

Tra gli ambiti di intervento prioritari ci sono sicuramente la valorizzazione della carriera delle madri che lavorano e l’attenzione alle esigenze di salute delle donne, ma anche la flessibilità dei tempi di lavoro per rispondere alle necessità delle famiglie. Incidere sugli incentivi alle imprese, su cui il governo si sta adoperando per una riforma, può essere una soluzione complementare alle precedenti. In questo modo si potrebbe rafforzare il ruolo delle donne nel mondo del lavoro, un gap storico del nostro Paese rispetto alle altre realtà europee, e garantire un maggiore sostegno alla natalità.

Il turismo lento è un’opportunità

Vista la vocazione turistica del nostro Paese, è bene soffermarsi su concetto di turismo lento (o slow tourism). “Si tratta di una nuova filosofia che pone l’attenzione sui dettagli e accompagna il turista attraverso un viaggio alla scoperta di luoghi nascosti, culture diverse e prodotti locali, nel pieno rispetto dell’ambiente, il tutto procedendo con calma e lentamente in modo da cogliere ogni straordinario particolare”, si legge sul sito di Legambiente.

È ovvio, quindi, che le aree interne italiane, incluse quelle molisane, possano, anzi debbano, investire anche in tale direzione. Un’economia locale più florida si traduce in maggiori opportunità, anche per i giovani, con conseguenze positive anche dal punto di vista demografico.

“È necessario potenziare le strategie di marketing e comunicazione innovative che permettano alle aree interne di caratterizzarsi maggiormente. Allo stesso tempo, serve una visione strategica volta a plasmare una rete di servizi che, anche grazie alla tecnologia e in virtù dello sviluppo di infrastrutture idonee, consenta di passare dal semplice concetto di ‘ospitalità’ a quello di ‘accoglienza’ a 360 gradi nella gestione turistica locale”, spiega Quagliariello.

La sfida della Primavera demografica

In conclusione, la crisi demografica costituisce una sfida importante per il futuro del Paese. Su questa sfida si gioca la partita di un Paese che intende preservare la propria identità culturale e sociale. I piani su cui intervenire sono molteplici e non vanno sottovalutati. Preservare le aree interne non è campanilismo fuori dal tempo: facendo sistema e creando opportunità che vadano oltre la preservazione dei singoli borghi si possono dare nuove opportunità ai territori, quindi ai loro abitanti. Non è troppo tardi per l’Italia, non è troppo tardi per il Molise e nemmeno per Isernia.