Sono 44 le persone indagate nell’ambito delle indagini coordinate dalla Procura di Napoli ed eseguite dalla Guardia di Finanza
CAMPOBASSO. Truffavano lo Stato simulando investimenti, anche milionari, per accumulare crediti d’imposta nei loro cassetti fiscali che poi sarebbero diventati moneta contante consentendo anche a terzi di non pagare le tasse.
Ammonta a ben 31 milioni di euro il sequestro eseguito dalla Guardia di Finanza di Napoli che, coordinata dalla Procura di Napoli Nord, ha individuato decine di indagati i quali, sfruttando le agevolazioni previste dalla Legge per le regioni Campania, Puglia Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia, Molise e Abruzzo, hanno dichiarato falsamente di avere acquistato beni strumentali.
C’è chi ha simulato l’acquisto da una società londinese di sofisticati software e chi si è spinto fino a cedere rami d’azienda, pur di aggirare l’impossibilità di far confluire a terzi i crediti incamerati. Complessivamente sono 44 le persone – residenti in Campania, Lombardia, Sardegna, Calabria e Sicilia – a vario titolo accusati di truffa ai danno dello Stato e reimpiego di proventi illeciti.
E’ risultato che diversi abbiano simulato l’acquisto da una società londinese di sofisticati software del tipo chainbox – utili alla creazione di blockchain aziendali per la condivisione di dati informatici in rete – inserendo nei moduli di comunicazione da trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati relativi al presunto investimento, talvolta per valori superiori al milione di euro, singolarmente considerati. Tale circostanza è stata subito rilevata nel corso dell’attività di indagine, grazie alla quale, attraverso l’analisi dei dati relativi alla società estera, si è pervenuti all’individuazione dell’amministratore, di origine campana, irreperibile, peraltro destinatario di numerosi provvedimenti giudiziari. La portata della frode è apparsa ancora più significativa quando le indagini hanno permesso di scoprire che alcune società avevano perfino fatto ricorso a operazioni straordinarie, come le cessioni di ramo d’azienda, pur di aggirare l’incedibilità a terzi del credito e di pervenire al conseguimento dell’illecito. Alcuni atti notarili hanno evidenziato il puntuale trasferimento del credito quale parte integrante del ramo d’azienda ceduto. Le cessioni venivano eseguite per importi nettamente inferiori al solo valore nominale del credito, aspetto indicativo della relativa provenienza illecita.
“Questa Procura della Repubblica – riporta una nota a firma del procuratore Maria Antonietta Troncone – ha disposto, altresì, il sequestro d’urgenza delle risorse creditizie individuate, al fine di scongiurare l’utilizzo in compensazione. La misura cautelare fa seguito ad analoghi provvedimenti delegati alla Guardia di Finanza di Frattamaggiore, grazie ai quali è stata evitata la circolazione di crediti di imposta fittizi per un valore complessivo di oltre un miliardo e settecento milioni di euro che avrebbero comportato, sottolinea il procuratore, “un significativo nocumento per le casse dello Stato”.