Tanti gli spunti di riflessione offerti dal convegno scientifico ospitato ad Agnone
AGNONE. Il convegno scientifico ‘Silvaticus’ – organizzato dall’associazione universitaria degli studenti Forestali del Molise, in collaborazione con il Comune di Agnone e ospitato nei giorni scorsi a Palazzo San Francesco ad Agnone – ha messo in luce il potenziale della valorizzazione delle carni di animali selvatici cacciati, una risorsa che potrebbe rappresentare un valore aggiunto per l’Alto Molise.
Il sindaco e presidente della Provincia Daniele Saia ha sottolineato l’importanza di questi momenti di confronto, organizzati in collaborazione con l’Università del Molise, per sviluppare idee utili alla comunità. Nonostante un precedente tentativo di attivare una filiera della carne selvatica con il GAL Alto Molise, il progetto era stato ostacolato, ma si è dichiarato pronto a ripartire con nuove strategie.
Anche il vicepresidente della Giunta regionale Andrea Di Lucente, ha espresso il suo sostegno al rilancio delle aree interne, suggerendo che risorse come la selvaggina potrebbero offrire opportunità economiche sostenibili per la regione. Il convegno ha visto anche importanti interventi scientifici. Il genetista Gabriele Senczuk ha smentito le voci sui presunti ripopolamenti di cinghiali provenienti dall’Est Europa, evidenziando che le analisi genetiche non supportano tali teorie.
Aldo Di Brita, tecnico faunistico della Regione Lombardia, ha posto l’accento sul fatto che l’immissione di cinghiali dall’Est è una falsa credenza, e ha invitato a concentrarsi invece sulla creazione di una filiera selvatica. La gestione della fauna, infatti, potrebbe non solo migliorare la biodiversità, ma anche stimolare l’economia locale, come già accade in altre regioni.
L’Ordine dei Medici Veterinari, rappresentato da Addolorato Ruberto, ha inoltre rilevato che i cacciatori locali non sono favorevoli alla caccia di selezione, essenziale per la creazione di una filiera di carne selvatica. Questo ostacolo, legato a motivazioni culturali e pratiche, ha portato a pratiche di caccia irregolari e rischiose dal punto di vista sanitario. La filiera, se ben strutturata, permetterebbe di ottenere carne di alta qualità, senza l’uso di antibiotici e in modo sostenibile.
In Italia e in Europa, simili iniziative hanno già dimostrato il loro valore non solo sotto l’aspetto nutrizionale e salutistico, ma anche come motore economico per le comunità locali, creando posti di lavoro e stimolando il turismo.