Diverse le iniziative in programma. I messaggi delle istituzioni


CAMPOBASSO. Il Molise non dimentica l’orrore delle Foibe. Diverse in regione le iniziative in programma per domani 10 febbraio, nel ‘Giorno del Ricordo’ istituito dal Parlamento italiano nel 2002 per commemorare le vittime delle foibe e dell’esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati dalle loro terre.

I MESSAGGI DELLE ISTITUZIONI. “Una delle pagine più drammatiche della nostra storia che merita approfondimento e riflessione – ha sottolineato il presidente della Regione Molise Francesco Roberti – Uno spaccato di storia contraddistinto da violenze ai danni di migliaia di italiani in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia dal Secondo Dopoguerra. Intere comunità costrette a lasciare le proprie terre e le proprie radici furono segnate per sempre e, negli ultimi anni, la riscoperta di questo frangente di storia del Novecento serve anche per restituire la dignità alle vittime delle foibe. La lettura della storia è indispensabile per una società basata sulla verità e sul rispetto tra i popoli. Ricordare è fondamentale per disegnare un futuro migliore, senza commettere gli stessi errori. Leggere la storia non deve assolutamente alimentare divisioni, bensì permettere un percorso di maggiore consapevolezza. Nell’attuale contesto internazionale, ricordare la storia significa anche lavorare per evitare nuovi conflitti e divisioni tra i popoli. Oggi saranno diversi gli eventi per ricordare le vittime delle Foibe. Il messaggio da rivolgere ai nostri giovani è quello che soltanto con la reciproca collaborazione, la pace e il rispetto si può ambire a un futuro sereno senza il rischio di pericolose nubi all’orizzonte”.

“È sicuramente dovere di questa Presidenza e dell’intera Istituzione Consiliare, come giustamente previsto dalla legge n. 92 del 2004, ‘conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale’ – scrive il presidente del Consiglio regionale Quintino Pallante – Conservare e rinnovare la memoria certo nel Giorno del Ricordo, ma anche in ogni occasione utile di approfondimento, di studio e di rievocazione storica di quegli anni lunghi e complessi di metà ‘900. Un dovere che ci viene dalle vittime delle atrocità che furono commesse con inaudita ferocia dai cosiddetti “partigiani Titini”, ai danni di italiani civili (donne, uomini, bambini, anziani) che nulla avevano a che fare con il conflitto appena trascorso, con le decisioni di spartizione del confine orientale e che certo non portavano sulle spalle alcuna responsabilità diretta o indiretta della storia pregressa e quindi della presenza italiana in quell’area dall’inizio del ventesimo secolo. Un numero di italiani ancora sconosciuto nella sua totalità, ma che, dopo la riesumazione dei corpi, dopo gli studi fatti in questi decenni, dopo aver ascoltato testimoni e vittime sopravvissute, emerge come una delle pagine più brutte e sanguinose dell’Europa e del nostro Paese. Pagine tinte di odio nazionale, politico e ideologico, che ebbe come fine non solo “punire” e perseguitare gli italiani, ma cacciarli dalle proprie case, dalle attività che conducevano e dai posti di lavoro che occupavano a beneficio della popolazione slava. Quest’ultima, infatti, non si fece scrupolo ad occupare con tempestiva premura abitazioni, posti di lavoro, imprese e negozi che fino a poche ore prima erano appartenute in alcune occasioni a loro conoscenti se non a loro amici di nazionalità italiana.

Una tragedia che vide nelle centinaia di migliaia di italiani scampati alle foibe lasciare all’improvviso, sotto la minaccia di violenze se non di eliminazione fisica (come accaduto a tanti loro parenti o amici), tutto il loro mondo, il posto in cui erano nati, cresciuti e costruito quello che loro credevano essere il proprio futuro, per girovagare nel resto dell’Italia da esuli nel proprio Paese alla ricerca di un posto in cui fermarsi e ricominciare. Un dramma nel dramma che vide famiglie con anziani malati e stanchi e con bambini piccoli e spaventati, spostati come merci da un luogo all’altro della penisola”. “Allora traiamo forza da questa Giornata – evidenzia ancora Pallante – per guardare a quel nostro passato e alla storia che ci racconta con serenità e con obiettività, al fine trarre insegnamento dagli errori compiuti e soprattutto per imparare dagli esempi molto positivi di cui quegli anni non furono certo sprovvisti: a cominciare da chi ebbe il coraggio di riesumare quei corpi infoibati; da chi ebbe la forza di raccontare quanto accaduto; da quegli italiani di ogni parte della penisola, e furono tantissimi, che offrirono solidarietà, accoglienza e ricovero agli esuli, aiutandoli a ricostruire un’esistenza e una casa in cui vivere e progredire. Proprio a questi piccoli-grandi eroi deve andare oggi e sempre la nostra gratitudine riconoscendoli quali veri interpreti dei valori costituzionali e repubblicani. Parimenti, alle vittime di quelle efferatezze deve andare la nostra pietà cristiana e l’impegno affinché cose simili non abbiano più ad accadere”.

“La vicenda delle foibe – evidenzia nel sul messaggio il senatore Costanzo Della Porta –  rappresenta una delle pagine più tragiche e spesso dimenticate della storia italiana, legata agli eventi drammatici avvenuti sul confine orientale durante e dopo la Seconda guerra mondiale. Questo termine si riferisce sia alle cavità carsiche naturali nelle quali vennero gettati migliaia di italiani, sia alla più ampia repressione etnica e politica che colpì le popolazioni italiane della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia. Le foibe divennero il simbolo di questa tragedia: molte persone furono uccise e gettate nelle cavità carsiche, spesso ancora vive. Le vittime includevano civili, militari, intellettuali, sacerdoti e chiunque fosse considerato ostile al nuovo regime comunista jugoslavo. Tra tutti vale la pena ricordare l’estremo sacrificio di Norma Cossetto, giovane studentessa arrestata dalle milizie titine, violentata per giorni dai suoi aguzzini e infine gettata in una foiba, poiché non rinnegò mai la sua Patria. Oltre agli eccidi, circa 350.000 italiani furono costretti ad abbandonare le loro case nelle terre cedute alla Jugoslavia (Trattato di Parigi, 1947). Questo esodo, spesso vissuto in condizioni di estrema difficoltà, segnò la diaspora di intere comunità che non vollero rinnegare la propria identità italiana. Questi esuli furono accolti in Italia in maniera spesso insufficiente, vivendo per anni in campi profughi e affrontando il peso dell’oblio e della marginalizzazione. Per decenni, la vicenda delle foibe e dell’esodo è rimasta ai margini del discorso pubblico, complice il clima politico della Guerra Fredda, durante il quale si evitava di approfondire questioni che coinvolgessero il blocco comunista jugoslavo. Solo alla fine del XX secolo si è iniziato a fare luce su questa tragedia”.

“Questa giornata – ha evidenziato la deputata molisana Elisabetta Lancellotta – non è solo un’occasione per commemorare chi ha perso la vita o ha dovuto abbandonare la propria terra, ma è anche un’opportunità per riflettere su uno degli eventi più dolorosi della nostra storia recente, che è storia della nostra intera Patria e non soltanto di una parte di essa. E deve esserlo soprattutto oggi, a pochi giorni dalla vandalizzazione della fobia di Basovizza, un atto vile che oltraggia Trieste e la memoria di quegli italiani che abbandonarono le loro case, le loro terre e che pagarono, anche con la vita, la scelta di essere italiani.  Tra il 1943 e il 1945, migliaia di donne e uomini furono infatti inghiottiti nelle foibe o perseguitati a causa della loro identità nazionale. A questa tragedia si aggiunse l’esodo forzato di oltre 300.000 italiani dall’Istria, dalla Dalmazia e dalla Venezia Giulia, costretti a lasciare le proprie case per sfuggire alla violenza e alla repressione. Una ferita profonda che ha segnato intere generazioni e che merita di essere conosciuta e compresa. Il dovere della memoria ci impone di non dimenticare queste tragedie e di trasmettere alle nuove generazioni, anche attraverso il loro studio nelle scuole, la consapevolezza storica necessaria per costruire un futuro basato sulla verità, sulla giustizia e sul rispetto reciproco. La storia ci insegna che la pace e la convivenza si fondano sulla conoscenza e sulla comprensione delle sofferenze di tutti i popoli. Oggi abbiamo, tutti, il dovere di ricordare e di trasmettere le storie di coloro che fortemente scelsero di essere italiani, molti dei quali morirono gridando ‘Viva l’Italia’”.

“Rendiamo omaggio a quanti hanno subito violenze e sofferenze durante il periodo che ha segnato la fine della guerra e la nascita di nuovi confini in Europa – dice il segretario nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa – Furono migliaia gli italiani gettati nelle fosse comuni come risultato delle persecuzionie dell’odio politico ed etnico e chi scampó alle foibe, fu costretto in un esodo di massa a lasciare la propria casa, le proprie radici e la propria cultura. Il nostro impegno sarà sempre preservare la memoria collettiva affinché le generazioni future comprendano la gravità di questi eventi. Il 10 febbraio ci invita a commemorare il dolore e a onorare la resistenza e la dignità dei sopravvissuti, che hanno contribuito non solo a mantenere viva la memoria di quella dolorosa pagina della nostra storia, ma ci insegna a rispettare le idee e i sentimenti di pace verso altri popoli”.

“Oggi, in occasione del Giorno del Ricordo – ha detto la sindaca di Campobasso Maria Luisa Forte – commemoriamo una tragedia che ci parla di intolleranza, nazionalismo e violenza etnica. Ancora oggi, a distanza di circa ottant’anni, non possiamo permetterci di ignorare il peso di ciò che è accaduto, ma soprattutto non possiamo chiudere gli occhi davanti ai segni di ciò che potrebbe accadere ancora. In questo giorno ricordiamo una delle pagine più dolorose della nostra storia, legata ai massacri e agli eccidi commessi dai partigiani jugoslavi contro i cittadini italiani della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia tra il 1943 e il 1947. Il Giorno del Ricordo diventa un promemoria che ci obbliga a riflettere sull’importanza di costruire un futuro di pace e giustizia, particolarmente nel contesto attuale in cui si riaffacciano con prepotenza gli estremismi nazionalisti. Ricordare le Foibe ci insegna che la storia può ripetersi se non facciamo attenzione e se non lavoriamo per costruire ponti di comprensione e dialogo. La memoria non è un esercizio di nostalgia, ma una responsabilità che abbiamo verso noi stessi e le generazioni future. In Europa, e nel mondo, dobbiamo contrastare l’odio e il nazionalismo con un’idea di società inclusiva, fondata sul dialogo e sulla solidarietà. Solo attraverso la conoscenza, la cultura e l’informazione possiamo evitare di ripetere gli errori del passato”.

“Si trattò di una vera e propria pulizia etnica, attuata dai partigiani comunisti di Tito con l’intento di estirpare violentemente la millenaria presenza italiana in quelle terre, allo scopo di annetterle alla Jugoslavia – ricordano da CasaPound Molise, i cui militanti a Campobasso e Termoli hanno depositato degli omaggi floreali a ricordo dei martiri delle foibe. “Le vittime di questa mattanza furono migliaia, e 250.000 italiani furono costretti all’esilio, per la sola colpa di essere italiani. Dal 2004 una legge istituisce la Giornata del Ricordo, tuttavia ancora molto deve essere fatto per sdoganare la narrazione da pregiudizi e negazionismo. Ancora pochissime sono le iniziative istituzionali previste ogni anno per onorare la memoria dei nostri connazionali. Ricordare è nostro dovere, e ci prodigheremo sempre affinchè chi pagò con la vita la sola colpa di essere Italiano possa essere debitamente onorata”.