“Si tratta di sicurezza, legalità e rispetto, elementi che le istituzioni dovrebbero garantire ai cittadini e ai lavoratori”, scrivono da Faisa Cisal, Filt Cgil e Ugl Autoferro


CAMPOBASSO. “La questione delle fermate non a norma nel trasporto pubblico locale in Molise non è più solo un problema tecnico o amministrativo: è diventata una vera e propria questione morale. Si tratta di sicurezza, legalità e rispetto, elementi che le istituzioni dovrebbero garantire ai cittadini e ai lavoratori. Eppure, di fronte a una situazione così grave ed evidente, la politica continua a voltarsi dall’altra parte, dimostrando un’indifferenza inaccettabile”. Così in una nota scrivono da Faisa Cisal, Filt Cgil e Ugl Autoferro.

“Ogni giorno – aggiungono i sindacati – migliaia di passeggeri sono costretti a utilizzare fermate prive dei requisiti minimi di sicurezza, aspettando gli autobus in luoghi pericolosi, spesso ai margini di strade trafficate, senza protezioni o adeguata segnaletica. Ma se per i cittadini il rischio è evidente, per gli autisti si trasforma in un incubo legale. Se si fermano, rischiano multe dalle forze dell’ordine e, in caso di incidenti, anche pesanti responsabilità penali. Se invece scelgono di non fermarsi per rispettare la legge, le aziende li puniscono con sanzioni disciplinari, sospensioni dal lavoro e, nei casi peggiori, velate minacce sulla loro stessa occupazione. Un paradosso assurdo: chi dovrebbe garantire il rispetto delle norme è il primo a violarle, mentre chi cerca di seguirle viene punito”.

Questa situazione, che le segreterie sindacali definiscono un “disastro non casuale”, sarebbe “il risultato di decenni di clientelismo, pressappochismo e scelte politiche miopi. Per oltre cinquant’anni, Regione e aziende del trasporto pubblico hanno autorizzato più di mille fermate senza preoccuparsi della loro conformità al Codice della Strada. Nessun controllo, nessuna pianificazione: solo l’ennesima gestione superficiale di un servizio essenziale. Ora il problema è esploso, ma chi avrebbe il dovere di risolverlo continua a ignorarlo, dimostrando non solo inefficienza, ma una grave mancanza di rispetto per la legge e la sicurezza delle persone”.

“A questa irresponsabilità si aggiunge un interrogativo inquietante: come sono state gestite le risorse pubbliche? Il silenzio delle istituzioni su questo punto solleva una questione etica profonda. Perché non si è mai intervenuti? Perché si è permesso che il sistema degenerasse fino a questo punto? Il trasporto pubblico, anziché essere un servizio efficiente e sicuro, è diventato un simbolo di sprechi, incapacità amministrativa e scarsa trasparenza”, aggiungono.

A pagare il prezzo più alto, sottolineano i sindacati, “sono sempre i più deboli: studenti, anziani, pendolari, persone che non hanno alternative alla mobilità pubblica e che ogni giorno subiscono un servizio indegno di un paese civile. Chi governa dimostra nei fatti di non avere alcuna considerazione per loro, accettando e normalizzando le disuguaglianze”.

“Ma la conseguenza più grave di questo immobilismo è la perdita di fiducia nelle istituzioni. Quando chi ha il potere di cambiare le cose sceglie di non farlo, quando la sicurezza viene sacrificata per inerzia o convenienza politica, quando i lavoratori vengono ricattati per garantire la sopravvivenza di un sistema marcio, il problema non è più solo un disservizio: diventa un’emergenza morale. Ignorare questa realtà significa accettare l’illegalità come regola, il pericolo come condizione normale, l’ingiustizia come metodo di governo. E questo, più di ogni altra cosa, è inaccettabile”, chiosano da Faisa Cisal, Filt Cgil e Ugl Autoferro.