L’avvocato Gentile: “Da giorni penso a lui e a sua sorella Antonia. Penso a quell’attacco vigliacco e al buio che li ha avvolti”


CAMPOBASSO/BENEVENTO. Sarà eseguita nelle prossime ore l’autopsia sulla salma di Cosimo Ocone, il 15enne ucciso dal padre Salvatore nella loro casa di Paupisi. Questa mattina il trasferimento dall’obitorio di Campobasso a quello del San Pio di Benevento dove il medico legale Francesco La Sala eseguirà l’esame. Anche in questo caso verranno effettuati test tossicologici. Non si esclude infatti che l’omicida possa aver somministrato farmaci alle vittime per sedarli.

I risultati serviranno a fornire ulteriori elementi alla ricostruzione della strage familiare che si è consumata la scorsa settimana. Quando l’operaio 58enne ha ucciso la moglie Elisa e colpito, forse con la stessa pietra del peso di 12 chili, i figli per poi trascinarli auto nelle campagne molisane, dove è stato fermato a arrestato. Cosimo non ce l’ha fatta, Antonia soccorsa in fin di vita è ricoverata al Neuromed di Pozzilli in prognosi riservata.

Ad assistere Mario, il figlio 23enne di Salvatore, è il noto avvocato Nicodemo Gentile che sua pagina Facebook ha parlato del caso. “Cercheremo di capire, per quanto umanamente e tecnicamente possibile, come è morto il piccolo Cosimo.

Già… Cosimo. Un nome che da giorni mi abita dentro, senza tregua – scrive – Ci sono casi in cui la corazza professionale è una ben misera alleata. Quando la pietà ti prende alla gola, e vorresti essere altrove. Lontano da quell’odore sconveniente di morte che sale dai fascicoli, da quelle carte fredde e impietose chiamate ‘rilievi tecnici irripetibili’. È l’anatomia del delitto: tutto ridotto a misure, orari, distanze, oggetti. La burocrazia della morte. Ma tu sei lì. Con i tuoi occhi, con la tua mente, e soprattutto con il tuo cuore.

E l’indifferenza emotiva del professionista fa a pugni con la sensibilità dell’uomo. Sarà che gli anni iniziano a pesare, sarà la stanchezza, ma a volte, di fronte a certi eventi, sento il fiato corto. Un peso sul petto che non va via. Da giorni penso a Cosimo. Al piccolo Cosimo. A sua sorella Antonia. Penso a quell’attacco vigliacco. Al buio che li ha avvolti. Alla paura, all’impotenza, alla vita che si interrompe senza un perché. Penso alla sfortuna, alle culle giuste o sbagliate. Penso a chi nasce in bilico, dentro fragilità economiche, sociali, familiari. Penso ai giovani che non hanno colpa, e che pagano tutto.

E mi sento desolato. Un viandante nella bufera della vita, in cerca di senso tra la rabbia e il dolore. Penso a Cosimo. E non solo a lui. Penso a tutti i volti che non ce l’hanno fatta. E mi sento nudo. Sospeso. Essere un avvocato, in certi casi, non basta. Serve essere prima di tutto umani. E oggi, umanamente, mi sento solo questo: addolorato. E profondamente inadeguato”.