Ricerca dispersi,

ROMA. “Il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico è uso a non intervenire nelle polemiche che, talvolta, accompagnano le sentenze delle diverse magistrature. Tuttavia quanto affermato dal Conapo, sigla sindacale minoritaria tra quelle di rappresentanza del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in relazione a due sentenze emesse dal Consiglio di Stato, le n. 01736/2014 e n. 01737/2014 recentemente pubblicate, richiede un commento approfondito per ristabilire la verità dei fatti. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Adnkronos in data 28 aprile scorso, il sindacato autonomo ha sostenuto che il Consiglio di Stato avrebbe “ribaltato quanto era stato affermato dai giudici di primo grado, i quali avevano erroneamente sostenuto che, nell’ambito delle operazioni di ricerca delle persone scomparse, il potere di coordinamento sarebbe spettato al soccorso alpino anche in presenza di amministrazioni pubbliche, e in particolare del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Pertanto in materia di coordinamento delle operazioni di ricerca delle persone scomparse, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco non può essere subordinato ai volontari del soccorso alpino”.
Le sentenze richiamate sono state emesse dal Consiglio di Stato a conclusione dell’iter giudiziario innescato da due esposti di sezioni territoriali del Soccorso alpino, con i quali erano stati impugnati innanzi ai competenti Tar il piano di coordinamento per la ricerca di persone scomparse emanato dalla Prefettura di Reggio Emilia e il protocollo operativo sottoscritto dalla Prefettura di Terni e il locale Corpo provinciale dei Vigili del Fuoco per l’affidamento a questi ultimi delle operazioni di ricerca e soccorso di persone anche in montagna e in ambiente cosiddetto impervio, poiché, assegnando ad altri organismi il coordinamento delle operazioni in via generale, nonostante le leggi n. 74/2001, art. 1, comma 2, e n. 289/2002, art. 80. Tale precisa indicazione trova, inoltre, ulteriore riscontro nell’art. 2, comma 2 della richiamata legge n. 74/01 che espressamente prevede che “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione dei principi stabiliti dall’atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992, e dalla presente legge,
individuano nelle strutture operative regionali e provinciali del Cnsas i soggetti di riferimento esclusivo per l’attuazione del soccorso sanitario nel territorio montano ed in ambiente ipogeo”.

Contro la posizione espressa dal Cnsas, alcune Prefetture sostenevano che al Soccorso alpino, in quanto “organizzazione di volontariato” non potesse essere attribuita una funzione di coordinamento nei riguardi di una struttura professionale dello Stato quale, nel caso di specie, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Tale posizione, oltre a non considerare recenti pronunciamenti anche della Suprema Corte di Cassazione (Cassazione Penale n. 6687/97), non teneva in alcun conto la particolarità del Cnsas che, in quanto istituito in base alla legge e da questa dotato di competenze e responsabilità specifiche, costituisce un unicum nell’ambito del più ampio universo delle organizzazioni di volontariato.

Particolarità riconosciuta, peraltro,
anche dall’art. 11 della legge n. 225/1992 e s.m.i., istituiva del Servizio Nazionale della Protezione Civile,
che nell’elencare le ‘strutture operative’ del Servizio, al pari di quelle professionale individua con esplicita e
separata menzione il C.N.S.A.S., distinguendolo dalle altre organizzazioni di volontariato.
Riconoscendo la fondatezza della posizione del C.N.S.A.S., Il Consiglio di Stato, con definitiva
pronuncia (conforme, nelle due sentenze), ha stabilito che il problema posto dal C.N.S.A.S. è stato
risolto dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 novembre 2012, pubblicata nella
G.U. del 1° febbraio 2013, adottata previa intesa in seno alla Conferenza Unificata (dove siedono tutte
le Amministrazioni centrali insieme alle Regioni e alle rappresentanze dei diversi Enti Locali) e munita
del vaglio preventivo di legittimità della Corte dei Conti, che al punto 2.3.2 ha affermato che “la
ricerca di persone disperse nell’ambiente montano, ipogeo, o impervio…. è specificatamente
disciplinata dalla legge 21 marzo 2001, n. 74, art. 1, comma 2, e dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289,
art. 80, che ne incardina le funzioni di coordinamento sul Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e
Speleologico”.
Il pronunciamento della massima autorità di Governo del Paese, peraltro prodotto in esito ad un percorso di
concertazione istituzionale e di verifica tecnico-amministrativa e di legittimità ampio e approfondito, è stato
indicato dal Consiglio di Stato quale valido riferimento per la corretta interpretazione del disposto delle leggi
richiamate, ponendo fine ad un dibattito che, non confinato alla sola accademia, rischiava di produrre
inefficienze e criticità nel dispositivo di soccorso in ambienti particolarmente delicati quali quelli montani,
impervi e ipogei.
In tal senso, infatti, il massimo organo di giustizia amministrativa ha ritenuto venir meno ogni motivo di
contenzioso, riconsegnando al corretto ambito gestionale il dettato normativo, illuminato senza più ombre. Il
tentativo di stravolgere il significato delle due sentenze, sottolineando come il Consiglio di Stato abbia
annullato le decisioni del Tar favorevoli al C.N.S.A.S. , non tiene in considerazione il fatto che le sentenze
del Tar sono state annullate non perché il C.N.S.A.S. non avesse ragione (e, infatti, i suoi ricorsi non sono
stati respinti), ma perché la sopravvenuta direttiva ha risolto la questione, riconoscendo in capo al Cnsas le
funzioni di coordinamento per le operazioni di ricerca dispersi in ambiente montano, ipogeo o impervio
(nella sostanza, ciò che il C.N.S.A.S. chiedeva con i ricorsi è stato riconosciuto dalla citata direttiva, facendo
venire meno l’interesse del C.N.S.A.S. alla decisione dei suoi ricorsi).
E’ evidente che qualunque diversa interpretazione non possa neanche essere presa in considerazione perché
contrastante con il contenuto delle sentenze e vada energicamente stigmatizzata in quanto, anziché rivolta
all’unico e comune obiettivo della migliore e più efficace tutela della vita umana, appare alimentata da
rivendicazioni identitarie prive di fondamento e foriere unicamente di rischi per la pubblica e privata
incolumità.
Nell’occasione, il C.N.S.A.S. ribadisce nuovamente la propria disponibilità a riprendere il tavolo di
lavoro già istituito presso il Ministero dell’Interno, momentaneamente interrotto proprio per le
sopravvenute vicende giudiziarie richiamate, per individuare le modalità di collaborazione
addestrativa e operativa che i due gloriosi Corpi sanno e possono mettere in campo.
Il Presidente C.N.S.A.S.
Pier Giorgio Baldracco
Info: addetto stampa del Presidente, Luca Calzolari mob. + 39 335 432870
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