Un efferato pomeriggio di sangue, i fatti di Macerata

L’approfondimento dell’esperta su uno degli episodi di cronaca che ha scosso particolarmente l’opinione pubblica


D.ssa R. Francesca Capozza*

Una ragazza scompare da una comunità di recupero di Corridonia (Macerata). Ha 18 anni, è romana, e vive in questa struttura da poche settimane. Una adolescenza non semplice, costellata di fragilità, insicurezze e dipendenza, anche da sostanze, insieme a tentativi di recupero in strutture. Il 29 gennaio si allontana volontariamente, portando con sé un grande trolley, ma lasciando documenti e cellulare. Il desiderio sembra quello di far perdere le proprie tracce. Sarà ritrovata 2 giorni dopo, il corpo fatto a pezzi e occultato in 2 valigie abbandonate nelle campagne della provincia di Macerata. Il corpo sezionato era quello di Pamela Mastropietro, meticolosamente ripulito con candeggina, senza alcuna traccia di sangue. Mannaia e coltelli gli strumenti utilizzati per fare scempio di quel giovane inerme corpo, lesionandolo, tumefacendolo e mutilandolo atrocemente. Mancano il collo ed una parte dei genitali, motivo per cui si era associato l’omicidio ad un rito tribale, ipotesi subito smentita dai carabinieri. Sul braccio i segni di una iniezione recente. Viene rapidamente indagato un 29enne nigeriano, Oseghale, nella cui abitazione di via Spalato a Macerata è avvenuta la mattanza. Al suo interno ritrovati lo scontrino della farmacia in cui Pamela e il nigeriano avrebbero acquistato una siringa e in un armadio i vestiti della giovane. Oshegale, richiedente asilo, senza permesso di soggiorno, viveva di lavori saltuari e di spaccio di droga. La giovane si sarebbe rivolta a lui per acquistarne. Lo stesso la avrebbe portata da un connazionale che gliela avrebbe fornita e poi si sarebbero diretti nella casa dove è avvenuta la mattanza. Omicidio volontario, distruzione, vilipendio e occultamento di cadavere i reati ascritti. Il secondo nigeriano coinvolto è lo spacciatore Desmond Lucky, 22 anni, accusato di concorso in quanto sopra citato e di aver ceduto la dose di eroina alla giovane che da mesi non ne faceva più uso. Il terzo indagato è Lucky Awewlima, 27 anni, che avrebbe partecipato agli eventi di quella giornata. La mattanza è avvenuta nella terrazza dell’appartamento di via Spalato, lavata anch’essa con minuzia con la candeggina. Il luminol e altri reagenti riescono ugualmente a rilevare una grande quantità di macchie di sangue in terrazza e in minore misura nel soggiorno e nella camera da letto. Gli esiti della seconda autopsia chiariscono verosimilmente che siano stati un colpo alla testa e 2 coltellate al fegato, inferti quando la giovane era in vita, a causarne la morte.
Gli indagati rigettano le accuse, ma la traccia dei telefonini e i contatti tra gli stessi li collocano tutti in via Spalato il 30 gennaio, giorno dell’omicidio.
Gli accertamenti, anche istologici e tossicologici sono ancora in corso, ma l’ipotesi principale è che la giovane non sia morta per overdose, per quanto possa aver assunto la dose comprata e possa esserci stato un eventuale malore, e che vi sia stata una violenza sessuale (riscontrate tracce di saliva su un seno) a cui la giovane abbia potuto ribellarsi. Appare indicativo in tal senso la mutilazione dei genitali e del collo, come a voler eliminare tracce sia di un rapporto che di un soffocamento, come la lingua pinzata tra i denti starebbe ad indicare. Il ruolo principale sembra essere stato ricoperto da Oseghale, il cui telefono appare silente a lungo tempo proprio nelle ore in cui sarebbe avvenuto il sezionamento del corpo.
Il modus operandi ci parla di una capacità organizzativa lucida e pianificata, funzionale allo scopo di eliminare sia tracce di violenza che del reato stesso da parte dei killer. I carnefici si distinguono per freddezza e distacco emotivo, capaci di intendere ciò che stavano commettendo (uccidere senza incertezze e sezionare brutalmente per ore un corpo) e volerlo, come testimonia l’aver pensato e l’aver concretizzato l’acquisto della candeggina (anche se avevano chiesto al commesso un “acido”, come a voler inizialmente disciogliere il corpo) che sarebbe stata necessaria per l’eliminazione di tracce, sia sul corpo (come ad es. le impronte digitali) che sui luoghi; e ancora l’organizzazione di un breve viaggio in macchina ed il successivo disfacimento delle valigie (lasciate a bordo strada, elemento dissonante ancora in fase di studio). Difficilmente ci potrà essere un accoglimento di una eventuale incapacità anche parziale di intendere e volere. Il corpo è stato sezionato in maniera ‘professionale’, non da un esperto di ‘chirurgia’, ma da chi ha acquisito competenze e freddezza nel farlo, per possibili esperienze maturate in patria, come ad esempio nei contesti delle guerriglie civili (la Nigeria è un paese dilaniato da guerra, corruzione e antichi rancori etnici sedimentati che spesso sfociano in facili reati contro la persona). I killer, ognuno con vario grado di responsabilità, appaiono essere individui che non percepiscono il valore ed il significato di una vita umana e che la utilizzano strumentalmente nella sua componente fisica, di cui poter abusare e disfarsi senza remore. Nell’ambito della criminalità straniera, i nigeriani si distinguono per traffico di sostanze stupefacenti e sfruttamento della prostituzione, elemento quest’ultimo che rivela il tipo di considerazione della vita di una persona in generale e della donna in particolare, ridotta ad oggetto di cui disporre a proprio piacimento. Altre figure man mano compaiono sullo sfondo: un tassista camerunense che avrebbe accompagnato Oseghale per disfarsi delle valigie nelle campagne di Pollenza, ed un ulteriore nigeriano, punto di riferimento della loro comunità, a cui l’Oseghale si sarebbe telefonicamente rivolto per avere istruzioni sul da farsi. Le testimonianze sono ancora al vaglio degli inquirenti. Nei prossimi giorni il quadro accusatorio si potrà sempre meglio chiarire grazie anche agli ultimi esami tossicologici ed istologici a suffragio del completamento degli esami medico legali dell’autopsia.

*Criminologa, psicologa, psicoterapeuta

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