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“Ucciso per amore della verità”: l’Ordine dei giornalisti rende omaggio a Mino Pecorelli

In un incontro che si è svolto a Campobasso, alla presenza della sorella Rosita e di Alvaro Fiorucci, autore del libro dedicato alla figura del fondatore di ‘OP’


CAMPOBASSO. “Chi di Gladio ferisce di Gladio perisce”. Parole che suonano come una profezia, quelle con cui Mino Pecorelli, giornalista molisano, “morto perché cercava la libertà e la verità”, come ha detto la sorella Rosita, ieri a Campobasso, spesso chiudeva i suoi editoriali su ‘L’Osservatore politico’, meglio conosciuto come ‘OP’, il settimanale che aveva fondato.

Un giornalista scomodo, Carmine Pecorelli, per tutti Mino, originario di Sessano del Molise, ucciso in un attentato, con quattro colpi di pistola, il 20 marzo del 1979, a 51 anni, mentre usciva dalla redazione del suo giornale. In una vicenda che ancora oggi mantiene molte zone d’ombra.

Un ritratto e un ricordo del professionista e dell’uomo Pecorelli, sono stati tracciati nell’appuntamento organizzato dall’Ordine dei giornalisti del Molise, al quale hanno partecipato, oltre alla sorella Rosita, alcuni suoi collaboratori e il professor Giuseppe Pardini, docente di Storia contemporanea dell’Unimol. Che insieme a Rosita Pecorelli ha donato a Pina Petta, presidente dell’Odg Molise, una copia di ‘OP’, in origine agenzia di informazione. Diventata poi una rivista, oggi rara, quasi un cimelio da collezionisti.

Presenti all’incontro i sindaci di Campobasso e Sessano, Antonio Battista e Pino Venditti e lo scrittore e giornalista Alvaro Fiorucci, autore insieme a Raffaele Guadagno del libro ‘Il divo e il giornalista. Giulio Andreotti e l’omicidio di Carmine Pecorelli: frammenti di un processo dimenticato’, edito da Morlacchi. Un politico come Giulio Andreotti, il magistrato Claudio Vitalone, il capomafia Gaetano Badalamenti, affiancato dal tesoriere mafioso Giuseppe Calò e dal picciotto Michelangelo La Barbera, e per finire un giovane Massimo Carminati, allora esponente della banda della Magliana, i personaggi analizzati. Processati e assolti in vari gradi di giudizio. Una delle tappe più importanti di questa storia si scrisse anche a Perugia, in Corte d’assise d’appello, il 17 novembre 2002.

Uno spaccato dell’Italia degli ‘Anni di piombo’, come ha ricordato Pardini, di Gladio, appunto, dello stragismo rosso e nero, di Cosa nostra e dei servizi segreti deviati. I servizi segreti con i quali Pecorelli è stato più volte accusato di avere rapporti. “Facevano parte delle sue fonti, perché ogni giornalista ha le sue fonti – ha detto in proposito Fiorucci – e lui le usava in maniera corretta”.

Di giusto tributo a un grande giornalista molisano, ha parlato Pina Petta, che ha definito “un’emozione e un atto dovuto ricordare il nostro collega ucciso a Roma”, mentre il consigliere nazionale dell’Odg Molise Vincenzo Cimino, per il quale Pecorelli era “un esempio di lealtà e professionalità”, ha rilanciato sulla necessità di riabilitare la figura di Pecorelli, con una richiesta già inoltrata al presidente nazionale dell’Ordine Carlo Verna.

“Pecorelli non era soltanto un grande uomo, che non si è piegato per amore della libertà e della verità – ha ricordato l’avvocato Giovancarmine Mancini, molto vicino alla famiglia del giornalista assassinato e componente della Camera penale distrettuale molisana – Mino era anche un uomo gioioso. Mi ricordo ancora le sue risate fragorose mentre veniva a casa nostra e parlava con papà. Risate che ho sempre nel cuore”.

Carmen Sepede

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