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Alberi di ulivo in memoria dei braccianti morti. Ma la Procura indaga per caporalato

I lavoratori erano assunti da un’azienda agricola di Campomarino. Larino collabora con Foggia nelle indagini. Intanto la Coldiretti punta il dito sulle distorsioni nella filiera, che portano alla chiusura di tante piccole imprese


CAMPOBASSO. Pianterà sette alberi di ulivo, in memoria dei sette braccianti identificati, vittima del terribile incidente stradale che si è verificato lunedì scorso, sulla statale 16, tra Termoli e Lesina. Incidente costato la vita a 12 immigrati extracomunitari.

Questa la decisione presa dal titolare dell’azienda agricola di Campomarino, dove i giovani lavoravano, “regolarmente assunti”, come ha raccontato l’imprenditore al giornalista di ‘Repubblica’ Giuliano Foschini. Giovani che anche lunedì avevano lavorato nei campi, prima di intraprendere l’ultimo viaggio, nella struttura della provincia di Foggia dove dormivano. Un viaggio stipati in un furgone che poteva trasportare massimo 8 persone.

“E’ stato un incidente stradale e non un incidente sul lavoro – ha detto a Repubblica il proprietario dell’impresa – Ma sono morti dei ragazzi, e io li avevo visti in faccia pochi minuti prima”. Quando chi lo intervista gli chiede se Lassad era il caporale, l’uomo precisa che a suo avviso “non si può parlare di caporale: è vero organizzava il trasporto, ci rivolgevamo a lui per avere la manodopera ma semplicemente perché conosceva i ragazzi che noi assumevamo. E pagavamo direttamente”.

“Al momento non ci sono indagati tra i proprietari o responsabili dell’azienda molisana da noi attenzionata – ha dichiarato intanto il procuratore di Foggia Ludovico Vaccaro – in quanto i ragazzi, erano suoi dipendenti. Ma tengo a precisare che, seppur assunti, dobbiamo verificare se ci sono state oppure no, condizioni di sfruttamento lavorativo. In questo, collabora con noi l’autorità giudiziaria di Larino, competente per territorio”.

Oltre al filone di inchiesta relativo alla dinamica dell’incidente c’è quello sul caporalato. “Il secondo filone di inchiesta – ha aggiunto Vaccaro – riguarda lo sfruttamento del lavoro in agricoltura, che tecnicamente si chiama intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro”.

E proprio sul tema del caporalato interviene Coldiretti Molise. Per la confederazione distorsioni lungo la filiera e concorrenza sleale spingono le imprese a chiudere. In una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml ,in vendita mediamente a 1,3 euro, chiarisce Coldiretti, oltre la metà del valore (53%) è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.

Un esempio di quanto poco vada, in relazione al prezzo finale del prodotto sullo scaffale, nelle tasche degli imprenditori agricoli. I veri produttori di cibo spesso sono così costretti a chiudere le loro aziende, impossibilitati finanche a coprire i costi di produzione. Ciò accade a causa di evidenti distorsioni lungo la filiera e concorrenza sleale, di quanti non regolarizzano il lavoro di braccianti tanto italiani quanto stranieri. Per questo Coldiretti ribadisce, ancora una volta, la necessità di “affiancare le norme sul caporalato all’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari, presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti”.

“A tutto ciò – evidenzia il direttore Ascolese – va poi aggiunta la considerazione che il sacrificio economico imposto agli imprenditori agricoli non produce alcun beneficio, sia in termini economici che di qualità del prodotto, ai consumatori”.

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