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Tredici milioni di fatturato, zero dipendenti e una pluriottantenne alla guida: la ‘falla’ del Gruppo Rossi che fa scattare l’inchiesta della Finanza

Nuovi particolari sull’operazione ‘Fil Rouge’, che ha portato ai domiciliari le note imprenditrici isernine Clara ed Edda Rossi. Il ruolo della madre, oggi 91enne e la segnalazione dell’Agenzia delle Entrate da cui parte l’indagine. Interrogatori di garanzia fissati per domani, venerdì 16 novembre


ISERNIA. Un giro d’affari da 13 milioni di euro dal 2011 al 2013, per un’azienda che non aveva personale. E che mai aveva acquistato beni o servizi compatibili con il fatturato conseguito. Clienti, unici, una serie di società tutte riconducibili a un medesimo gruppo: il Gruppo Rossi.
Questa la ‘scintilla’ da cui la Guardia di Finanza di Isernia ha iniziato a far luce sulle operazioni della galassia imprenditoriale delle sorelle Clara ed Edda Rossi, 66 e 63 anni, da martedì 13 novembre ai domiciliari per effetto della maxioperazione della procura di Isernia ‘Fil Rouge’ che ha smascherato una presunta frode fiscale da 85 milioni di euro, culminata con sette misure cautelari personali – per cinque persone è stato disposto l’obbligo di dimora – per reati penali e tributari.

Le accuse, a vario titolo, vanno dalla dichiarazione infedele alla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o documenti per operazioni inesistenti, all’emissione di fatture o documenti per operazioni inesistenti, fino all’occultamento di scritture contabili e all’indebita compensazione, aggravati e in concorso.

LA ‘MICCIA’. Tutto comincia con un accertamento dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una delle tante società del gruppo, avente sede a Giugliano, in provincia di Napoli, intestata a un’anziana signora, I.P., oggi 91enne, madre delle sorelle imprenditrici agli arresti domiciliari e finita a sua volta nell’inchiesta. L’azienda presenta la dichiarazione ai fini Iva, Ires e Irap per l’annualità chiusa al 31 dicembre 2011 senza indicare dati contabili, pur in presenza di operazioni imponibili per complessivi 738mila euro e un’Iva di 155mila euro. Ma le stranezze sono tante: la società, costituita nel 2010, omette di presentare la dichiarazione dei redditi dopo soli due anni di vita. Senza contare il deposito del bilancio di esercizio presso la Camera di Commercio, mai avvenuto. Le irregolarità finiscono sul tavolo della procura, che inizia a indagare. E si accorge, per usare l’espressione del sostituto procuratore Maria Carmela Andricciola, che quello del Gruppo Rossi è un vero e proprio “sistema di fare impresa”. Fondato sul meccanismo delle società ‘cartiera’, ovvero aziende non realmente operative, ma aventi puramente lo scopo di emettere fatture false per operazioni infragruppo. Gli inquirenti, perciò, scandagliano un mare di fatture e documenti contabili – almeno quelli che riescono a trovare – per giungere alla conclusione che, dal 2012, tutte le società del gruppo avrebbero presentato dichiarazioni con l’indicazione di elementi passivi fittizi, ottenendo così crediti Iva non dovuti grazie a fatture per operazioni rivelatesi inesistenti. Il credito di imposta veniva poi utilizzato in compensazione per il pagamento di tasse, ritenute d’acconto, contributi previdenziali e assistenziali.

GLI INTERROGATORI. Assistite dall’avvocato Stefano Cappellu del Foro di Isernia, le note imprenditrici saranno sottoposte – insieme agli altri cinque principali accusati – all’interrogatorio di garanzia nella giornata di domani, venerdì 16 novembre. Per ora, il legale ha preferito non rilasciare dichiarazioni alla stampa per poter approfondire il corposo faldone dell’inchiesta. Intanto, ieri sono stati portati a compimento altri sequestri di beni: in totale le Fiamme Gialle hanno confiscato denaro dai conti, beni mobili ed immobili (tra cui numerosi fabbricati) e quote societarie agli indagati per un importo complessivo di 23 milioni 744.121 euro.

 

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