Maestre violente, i piccoli del Camelot soffrono di disturbi post traumatici da stress

Il supporto psicologico, attivato fin da subito, ha dapprima coinvolto le famiglie e poi i bambini coinvolti. Oggi, in Consiglio regionale, la prima riunione del tavolo tecnico interistituzionale per il supporto ai minori maltrattati voluto dal consigliere Calenda. La testimonianza del dirigente Viti: da quel giorno per noi è cambiato tutto


CAMPOBASSO. Le ferite dell’animo, sui bambini che frequentano quell’asilo, balzato all’orrore della cronaca, che hanno conosciuto la violenza fisica e verbale messa in atto dalle persone di riferimento all’interno del contesto scolastico, saranno difficili da rimarginare. E tutti, dalla scuola alla comunità, passando per le famiglie, ci fanno i conti, con la consapevolezza che occorra un deciso cambio di rotta anche nei modelli culturali a cui ci si riferisce. In un mondo fatto di velocità e iperconnessione, di parole buttate lì come se non avessero un senso profondo, di offese facile e di gogne ancor più immediate.

La storia dell’asilo Camelot è tutto questo: maestre che perdono il controllo; genitori (pochi) che leggono i segnali dei propri figli; dirigenti scolastici oberati da mille incombenze, che su altri episodi simili non hanno mai abbassato lo sguardo e che di colpo hanno scoperto quello che non era visibile; l’istituzione scolastica che potrebbe non aver messo in atto tutti i controlli e le precauzioni del caso; una comunità che reagisce, in modi diversi. Con la compostezza e gli appelli del Sindaco e della sua Giunta e con la violenza verbale di chi usa i social per farsi giustizia.

Lo specchio della realtà dove, con molta probabilità, nessuno ha saputo guardare bene. Con attenzione e professionalità. Uno specchio che si è rotto in mille pezzi e ha travolto tutti.

Un mese dopo quelle immagini che hanno scioccato la comunità venafrana, il Molise e l’Italia intera, la triste vicenda delle maestre ‘manesche’ dell’asilo Camelot dell’Istituto ‘Testa’ di Venafro diventa il fulcro di un tavolo tecnico con il quale si intende dare avvio ad un progetto di supporto psico-sociale i cui destinatari sono i minori vittime di violenze. Non solo i bambini di Venafro, non una ‘soluzione spot’, mordi e fuggi, legata all’esigenza di dare risposte immediate, di garantire supporto e impegno visti i fatti che hanno colpito i bambini prima di tutto e poi a cascata le famiglie, la scuola, le istituzioni, la comunità molisana intera.

Un percorso invece che sia ‘stabile’ e che prevenga situazioni di allarme e di disagio. Che non curi solo le ferite ma che faccia in modo che non ci siano ferite da curare.

L’iniziativa di Mena Calenda, presidente della IV Commissione consiliare regionale e del Garante per i diritti, Leontina Lanciano, vede seduti attorno allo stesso tavolo psicologi, assistenti sociali, la dirigenza della scuola coinvolta suo malgrado, l’Asrem, il Comune di Venafro e la Regione, anche attraverso l’assessore di riferimento, Luigi Mazzuto.

Ed è proprio il consigliere regionale della Lega a rimarcare come occorra agire nell’immediatezza e con un ragionamento che si spalmi sul lungo periodo per individuare le misure di contrasto e soprattutto di prevenzione. Un percorso formativo che agisca sul personale docente, che ne evidenzi rischi e fragilità, che coinvolga professionisti in grado di capire, curare, supportare.

Tutto bello, se non fosse per le risicate risorse che invece dovrebbero essere impegnate per garantire quelle equipe plurispecialistiche indispensabili per poter mettere in campo un progetto così ben strutturato.