HomeNotizieCRONACAIsernia, abusi in parrocchia: torna a Pizzone il prete accusato di pedofilia

Isernia, abusi in parrocchia: torna a Pizzone il prete accusato di pedofilia

Don Giovanni dovrebbe sostituire l’attuale sacerdote dal prossimo mese di aprile. La comunità si ribella e scrive al Vescovo. Il parroco polacco denunciato da un suo connazionale, Giorgio Babicz, che all’epoca dei presunti abusi aveva solo 13 anni. Il procedimento presso il Tribunale di Isernia si è concluso con l’assoluzione per prescrizione del reato


ISERNIA. Di lui si sono perse le tracce da un giorno all’altro, sul finire del gennaio dello scorso anno. Da Acquaviva d’Isernia, dove esercitava la professione di parroco, è ‘scappato’ travolto dalle parole di chi, dopo un calvario di dolore e vergogna, ha deciso di raccontare una verità fatta di abusi, di violenze, che nulla hanno a che fare con gli uomini e men che meno con chi veste i panni del sacerdote. Una storia che ha scosso l’Italia, per la quale persino il Vescovo di Isernia, monsignor Cibotti, chiese perdono con una lettera ai fedeli.

Don Giovanni ricompare qualche giorno fa a Pizzone, a distanza di 14 mesi dal clamore e dalle accuse. Passeggia per le strade del piccolo centro assieme al parroco, don Etienne, e la comunità si spaventa, non capisce perché sia lì, perché mai dovrà essere proprio lui il sostituto dell’attuale sacerdote. Fra meno di due settimane potrebbe prendere il suo posto.

La cronaca di questi giorni ritorna con lo stesso carico di indignazione, rabbia e paura di 14 mesi fa. Sì, perché la storia di don Giovanni, nonostante l’archiviazione della Procura di Isernia perché il reato è ormai prescritto, nonostante la riabilitazione del Tribunale ecclesiastico che non ha ritenuto veritiere le accuse di Giorgio (la sua vittima), resta sospesa perché mai chiarita fino in fondo.

“Se le accuse fossero state false – spiega l’avvocato Sergio Cavaliere, che ha assistito Giorgio Babicz – sarebbe scattata la denuncia per calunnia contro il mio assistito. E questo non è avvenuto. Un’altra cosa che vorrei sapere – dice ancora – è perché mai, ritenendo  di essere innocente, non abbia rinunciato alla prescrizione”.

Il sacerdote ha affrontato anche un periodo di riabilitazione e ora è di nuovo pronto a celebrare messa, a tenere lezioni di catechismo, a prendersi cura dei fedeli che però non lo vogliono. Minacciano di non andare più a Messa se ci sarà lui sull’altare. Scrivono al Vescovo affinché quel parroco vada via da Pizzone.

Giorgio Babicz, 14 mesi fa, ha preso coraggio e ha rotto il silenzio fatto di dolore e vergogna che lo accompagna da quando aveva solo 13 anni. Ha raccontato quello che ha dovuto subire, come la sua vita sia cambiata per sempre. Le sue paure di ieri e di oggi.

Molestie cominciate quando era solo un ragazzino, che non immaginava quello che sarebbe accaduto di lì a poco, una volta arrivato in Italia su invito di quel sacerdote polacco come lui, che lo aveva portato nella parrocchia di Sant’Anastasio Martire ad Acquaviva di Isernia, paesino di poco più di 400 anime.

Giorgio racconta abusi, vergogna, paura. La sensazione di essere sbagliato, la causa, il motivo. Poi la reazione, la denuncia alla Magistratura e alla Curia. Giustizia, vuole solo questo Giorgio per ‘salvare’ gli altri bambini. Scoppia lo scandalo e il 24 gennaio 2018 il prete scompare, torna nella sua città natale, per un periodo di riflessione.

Uscito indenne dall’inchiesta giudiziaria, don Giovanni viene ‘riabilitato’ anche da un tribunale ecclesiastico.

Da pochi giorni, dopo la riflessione e la riabilitazione, è a Pizzone, comune a poche decine di chilometri da Acquaviva di Isernia.  Il solito copione. Torna alla mente il caso di don Felix Cini, parroco maltese condannato in Toscana per aver abusato di una decina di adolescenti e poi spedito in un paesino della provincia di Campobasso dove i suoi atteggiamenti sopra le righe non piacciono ad alcune mamme che digitano il suo nome su un motore di ricerca. La verità sconvolge tutti, la comunità protesta e così don Felix viene spedito in un convento di un altro paesino della provincia di Campobasso ma continua a dire la Messa. Ritorna in mente la storia di Giada e don Marino, condannato a 6 anni di reclusione in primo grado. Anche lui, lontano da Portocannone ma ancora sacerdote.

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