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Operazione Alcatraz, lo spaccio in mano alle donne del clan: sgominata la famiglia della droga

L’indagine partita dal ritrovamento, nel carcere di Campobasso, di droga e microcellulari utilizzati dai detenuti per comunicare con l’esterno. Dopo l’arresto del marito, la donna gestiva gli affari illeciti con la complicità dei familiari e dell’anziana suocera. Guadagni elevati: dai 3000 ai 4500 euro al giorno. Il clan vendeva eroina, cocaina, metadone e crack


CAMPOBASSO. Le donne della famiglia gestivano tutto: spaccio, affari, strategie di acquisto e di cessione di droga.

Il clan sgominato questa mattina all’alba, nell’ambito dell’operazione ‘Alcatraz’ nata sulla scia delle indagini condotte in carcere dove ‘entravano’ droga e microcellulari, si reggeva sulle loro spalle, all’interno di una  famiglia che era coinvolta tutta, dal più piccolo al più grande, nell’attività criminosa e purtroppo molto redditizia.

Tremila euro al giorno, se andava male. Quattromila e 500 quando andava bene. Tenore di vita elevato, tanto da potersi consentire viaggi in taxi, parrucchiera ed estetista con frequenza, pranzi e cene fuori.

Determinata, Ramona M., la moglie del capoclan finito in cella, tanto da non farsi scrupolo di nulla, nella sua ‘ascesa’ al potere criminale legato al mondo della tossicodipendenza. Tanto da usare il figlio di 4 anni per trasportare droga, occultata nel passeggino, certa che non avrebbe destato sospetti. 

passeggino 1

Le altre donne del clan, tutte legate da vincoli familiari, gestivano con lei l’attività di compravendita, confenzionamento e spaccio. E persino la suocera non si è tirata indietro quando le hanno chiesto di nascondere, nel pannolone, un involucro sigillato contenente tanti soldi.

Il clan è andato in frantumi questa mattina, grazie all’indagine portata avanti dalla Procura della Repubblica e dalla Squadra Mobile del capoluogo.

LE ORDINANZE DI CUSTODIA CAUTELARE – Nei guai, questa mattina, sono finiti  Ramona M., 36 anni, Maria S., 51 anni, Maria Giovanna P. 42 anni, Massimo M., 54 anni;   Elisa L. 20 anni, Salvatore F, 23 anni, Francesca V., 19 anni, Rita S., 79 anni,   Salvatore S. 41 anni, Antonio . 54 anni, , Rosa C., 37 anni, Angelo C. 32 anni;   Marcello D.M, 52 anni; Roberto P-, 40 anni;   Alberto L., 47 anni di di San Severo.

L’INDAGINE – E’ stato il traffico di droga e la presenza di microcellulari in uso ad alcuni detenuti ad aver dato il via al filone di inchiesta. La droga che veniva letteralmente ‘lanciata’ dall’esterno della struttura carceraria fin dentro le mura. Le modalità organizzative venivano concordate durante i colloqui in cella tra moglie (Ramona M.) e marito (Salvatore S. opportunamente trasferito, in questi mesi, dal carcere di Campobasso a quello di Frosinone e poi a Rieti dove si trova attualmente).  Un ‘pizzino’ con tanto di disegnini spiegava alla capoclan come introdurre la droga in carcere. Proprio il ritrovamento di numerose prove di questo traffico fra l’esterno della struttura di via Cavour e i detenuti ha spinto al trasferimento in un altro carcere dell’uomo. La droga introdotta nell’istituto penitenziario serviva per uso personale ma anche per spacciarla fra gli altri detenuti. I microtelefonini, che venivano cambiati spesso, servivano a Salvatore S. per comunicare con il resto della famiglia. Che, fuori da quelle 4 mura, continuava a portare avanti gli ‘affari’ nell’attesa del suo ritorno a casa.

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