Una madre di troppo

Il caso dell’omicidio di Riotorto, in provincia di Livorno, che ha scosso la cronaca di questo agosto, analizzato dalla criminologa Capozza


di R. Francesca Capozza*

Gettata in un fosso all’interno di un sacco a pelo. Riotorto, frazione di Piombino (Livorno), e’ il 3 Agosto. Il corpo è di Simonetta Gaggioli, 75enne. La sua scomparsa era stata denunciata il giorno prima dal figlio, Filippo Andreani 47 enne con cui conviveva da pochi mesi a Riotorto, insieme alla nuora Adriana Rocha ed ai loro 3 bambini. Era in quel fossato da almeno una settimana. Da quando la sorella e la nipote avevano lanciato l’allarme della scomparsa dell’anziana. Il figlio sporge denuncia, però, solo una settimana dopo, riferendo agli inquirenti di non essersi subito preoccupato della scomparsa della madre in quanto già altre volte era capitato che si assentasse alcuni giorni per andare a trovare parenti e amici. Cruciale per gli inquirenti l’autopsia psicologica della vittima, volta a ricostruirne, attraverso anche le testimonianze di familiari, amici e conoscenti, i rapporti personali, le frequentazioni, gli spostamenti, le abitudini di vita e gli eventuali cambiamenti, i progetti, i pensieri, i timori, le possibili difficoltà personali o relazionali recenti, telefonate, messaggi e spostamenti, nonchè gli ultimi giorni e le ultime ore di vita della donna, ecc.. Il medico legale, in una prima valutazione sommaria sulla base dell’esame esterno, ha potuto escludere segni di violenza, facendo risalire la morte a circa una settimana prima, rilevato l’avanzato stato di decomposizione del cadavere che non permetterà di avere esaustivi esami autoptici in tempi brevi. Le condizioni della salma sono infatti pessime, considerato che il cadavere è rimasto almeno una settimana chiuso in un sacco a pelo nel fosso, sotto il sole cocente. Sono in corso esami dettagliati su organi interni e tessuti, unitamente a quelli tossicologici, utili per capire se la donna abbia assunto sostanze letali o farmaci. Si stanno eseguendo anche analisi dattiloscopiche e di rilievo di tracce biologiche sul sacco a pelo da parte degli inquirenti della Scientifica, centrali per poter fornire importanti indizi.   

E’ da rilevare che l’occultamento nel sacco a pelo fa ipotizzare che la morte sia avvenuta altrove e che quindi il corpo sia stato nascosto e gettato successivamente in altra zona. L’area del ritrovamento è un’area isolata, scarsamente frequentata, perfetta per nascondere un cadavere.  Il panorama scientifico criminologico evidenzia che le donne sono uccise prevalentemente nell’ambito della famiglia (gli omicidi intrafamiliari, in Italia, rappresentano circa il 30% di tutti gli omicidi volontari). Gli inquirenti stanno indagando quindi in primis all’interno delle dinamiche della famiglia della vittima. Le prime testimonianze raccontano di liti violente e di una continua tensione familiare tra i coniugi che pare avessero problemi lavorativi. Un testimone racconta che «anche nel condominio chiamavano in piena notte i carabinieri, litigavano violentemente. Lei veniva a lavoro con i lividi e con il viso stanco perché aveva litigato con il marito». La nuora parlava bene della suocera, che faceva spesso regali e li aiutava con i figli. Il figlio, riportano i testimoni, spesso inveiva contro la madre e la sua presenza in casa. La vittima per il figlio e la nuora «faceva tutto: gli guardava i figli, li aiutava economicamente, li ha tirati fuori da tante grane che hanno avuto». Il possibile scenario che si profila è quello che nasce in seguito a conflitti, liti continue ed incomprensioni (insofferenza, motivi economici, motivi futili), in un clima familiare litigioso. Nel matricidio occorre sempre rilevare l’aspetto psicologico relazionale del reato che riporta al desiderio di spezzare un vincolo vissuto come soffocante e patologico, relativo ad una presenza genitoriale vissuta come invischiante e minacciosa, da cui è evidente una difficoltà nel processo di emancipazione sul piano materiale (economico) ed affettivo. Analizzando lo specifico caso in esame, possiamo delineare 2 possibili profili di matricida: il litigioso (che uccide, a volte preterintenzionalmente, al culmine di feroci dissidi; sono delitti che maturano in famiglie litigiose, spesso multi problematiche, in cui si bisticcia di continuo e violentemente per motivi economici, di incompatibilità caratteriale, per impulsività, e iper-reattività) e l’ereditiere (- soggetti con disturbi di personalità come border line, narcisistico, istrionico di grado più o meno grave – che uccide per raggiungere un agognato immediato guadagno economico).

Al momento figlio e nuora della vittima sono indagati per il reato di occultamento di cadavere, in quanto l’omicidio non è ancora attestato dagli esiti definitivi dell’esame autoptico. Tale reato, se ascrivibile al figlio, appare comunque significativo all’interno del quadro esplicativo sin qui delineato. L’Andreani sta fornendo ai Carabinieri di Livorno una versione dei fatti lineare, senza cadere in contraddizione. Restano aperte tutte le possibile piste, anche se quella intrafamiliare resta criminologicamente la più probabile.

*Criminologa, psicologa e psicoterapeuta

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